Sei matite per pensare,
Gagarin

Sei cappelli per pensare” (Rizzoli)  è un libro di Edward de Bono nel quale viene illustrato il metodo dei sei cappelli che consente di scomporre il nostro modo di pensare e di affrontare una questione in gruppo, in modo efficace. Si tratta di interpretare ruoli fissi ((i cappelli) che incarnano diversi punti di vista, anche quello più lontano dalla nostra indole.

I partecipanti sono via via invitati ad essere razionali, emotivi, ottimisti, pessimisti, creativi o a moderare e commentare la discussione. Il metodo dei sei cappelli è facile da applicare, libera dai ruoli fissi creati dalla posizione e dal carattere, permettendo anche agli ottimisti di esprimere pensieri negativi, ai pessimisti quelli positivi, ai timidi di farsi avanti, ai razionali di provare a essere creativi.

“La maggiore difficoltà che si incontra nel pensare è la confusione… Emozioni, informazioni, logica, aspettative e creatività si affollano in noi. è come fare il giocoliere con troppe palle” Edward de Bono.

Il team di design Gagarin ha applicato il metodo alle matite per facilitare il brainstorming durante una riunione.

I diversi colori delle matite rappresentano una determinata direzione del pensiero. Ogni partecipante sceglie una matita e si avvia quindi alla discussione con una mentalità cortispondente al colore della matita. Cambiando matita i partecipanti riorientano i loro pensieri sul tema rendendolo palese agli altri. Questo assicura che il gruppo possa pensare insieme in modo mirato.

BIANCO . INFORMAZIONE
Dati, fatti, informazioni conosciute o necessarie.

GIALLO . BENEFICI
Benets. Perché una cosa può funzionare.

ROSSO . SENSAZIONI
Sensazioni, impressioni, istinto e intuizione.

NERO . CRITICA
Potenziali criticità, perchè qualcosa potrebbe non funzionare.

VERDE . CREATIVITÀ
Creatività, possibilità, alternative, soluzioni e nuove idee.

BLU . SUPERVISIONE
Gestire il processo del pensiero, messa a fuoco, il passo successivo
e il piano d’azione

via: flickr

Design Playground è un viaggio nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea. Un racconto fatto di storie, di idee e di sogni.

Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.