Horn please, Dan Eckstein

Il progetto fotografico di Dan Eckstein, “Horn Please, è il risultato di due settimane e mezzo di viaggio trascorso percorrendo una strada lunga duemila chilometri nel nord-ovest dell’India. Il suo autista, guida, e traduttore – Sukkhi – ha introdotto il fotografo newyorkese agli uomini che testimoniano la cultura indiana lungo la strada: gli autisti di camion.

“Horn Please” è il mantra della strada indiana. In un paese in cui le corsie sono un semplice suggerimento, gli specchi laterali sono raramente utilizzati e si trova una grande varietà di mezzi di trasporto (dai carri trainati da cavalli a camion con diciotto ruote), l’immancabile clacson è una parte essenziale del galateo della strada.

Dalla creazione del famoso Trunk Road Grant, che un tempo si estendeva dall’Afghanistan al Bangladesh, le strade Indiane sono state un collegamento vitale, culturale ed economico in tutto il subcontinente. L’India moderna è attraversata da una vasta rete di autostrade e strade rurali che portano persone e merci in tutto il paese. Si va dalle autostrade luccicanti che circondano Delhi e Mumbai, alle strade a corsia singola dei passi di montagna che hanno visto un miglioramento solo poco dopo l’indipendenza nel 1947.

Una caratteristica inconfondibile sono i camion decorati con colori sgargianti che solcano le strade del paese. Gli autisti passano lunghe ore sulla strada e possono rimanere lontani dalle loro famiglie per settimane, così i loro camion diventano come una seconda casa di cui vanno molto orgogliosi. Gli interni e gli esterni sono ricchi di quadri, adesivi, ghirlande, fiocchi e piccoli santuari, che non sono solo una forma di arte popolare, ma una forma d’espressione della personalità del proprietario. La decorazione varia da regione a regione e può avere diversi significati: dalla casta e la religione del conducente, alla sua città natale, ai gusti musicali e ai film di Bollywood.

Lungo la strada sono innumerevoli i luoghi dove i camion si fermano per una sosta: ristoranti, depositi e negozi (per lo più officine meccaniche). I Dhaba sono i ristoranti che si trovano lungo le strade ed autostrade che offrono pasti economici e sono il fulcro della cultura stradale, nonché un luogo di riposo per i conducenti che hanno così la possibilità di socializzare. Offrono anche servizi per i driver per fare il bagno, lavare i loro vestiti e i loro camion. Nelle ore più calde i dhabas si riempiono di uomini sdraiati su charpai (letto in tubi di acciaio e camere d’aria riciclate) mentre bevono masala chai.

Gli uomini che guidano questi camion non hanno vita facile, ma sono chiaramente orgogliosi del loro lavoro. Passano lungo tempo in luoghi polverosi e sporchi, ma nonostante questo sembrano divertirsi grazie allo spirito di cameratismo che li anima e al senso di libertà che la strada gli regala quotidianamente.

Azadpur Market. Delhi, India. 2012.
Officina meccanica. Jaipur to Ajmer Road, Rajasthan, India. 2012.
Camionisti. Udaipur, India. 2012.
Camionista, Firozpur to Amritsar Road, Punjab, India. 2012.
Truck Driver. Ambala to Delhi Road, Rajasthan, India. 2012.
Azadpur Market. Delhi, India. 2012.
Camionisti, Delhi to Jaipur Road, Rajasthan, India. 2012.
Camionista, Jodhpur Transport Nagar, Rajasthan, India. 2011.
Dhaba. Ajmer to Udaipur Road, Rajasthan, India. 2012.

Design Playground è un viaggio nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea. Un racconto fatto di storie, di idee e di sogni.

Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.