Le città sono piene di “oggetti” che hanno una vita molto breve e che di conseguenza producono una grossa quantità di rifiuti, spesso davvero troppi per essere riciclati adeguatamente. Ne è un esempio la cartellonistica che tappezza i centri e le periferie dei comuni: un ammasso di plastica che nella migliore delle ipotesi ha una durata di qualche mese, dopodiché via tra la spazzatura.
Il Comune di Venezia, oltre a porsi questo enorme problema, ha trovato una soluzione. Grazie all’ingegno di Fabrizio Olivetti, art director dell’Ufficio Grafico del comune, e alla collaborazione della grafica Francesca Codrino e l’illustratore Lucio Schiavon, è nata l’idea di convertire i vecchi cartelloni pubblicitari in oggetti d’uso quotidiano: le Malefatte, borse originali ed etiche. La realizzazione vera e propria è stata affidata alla cooperativa Rio Terà dei Pensieri che dal 1994 svolge attività di formazione professionale, spesso unita alla produzione di manufatti, all’interno delle carceri della città lagunare. La cooperativa ha dato proprio ai detenuti del Carcere di Santa Maria Maggiore di Venezia il compito della realizzazione artigianale di queste borse dalla cui vendita verranno ricavati fondi per finanziare l’attività della cooperativa stessa.

Oltre ad avere un indubbio valore sociale e creativo, questa operazione ha anche un forte messaggio ecologico. Il riciclo del PVC comporta infatti costi importanti, tempi di degradazione piuttosto lunghi e, se bruciato a temperature non adeguate, rilascia sostanze nocive nell’atmosfera. In questo modo una volta che i manifesti in PVC hanno assolto il loro breve compito comunicativo, vengono dismessi e sottratti alla logica dell’usa-e-getta e si trasformano in estrose borse e colorati accessori.
A questo progetto ha aderito anche la Collezione Peggy Guggenheim donando i manifesti delle mostre concluse. Ciascuna borsa porta con sé la memoria di una mostra e contiene al suo interno il catalogo di un’esposizione passata portando l’arte in viaggio per il mondo.



