Pet Lamp.
I paralumi in pet di Alvàro Catalàn de Ocòn

Pet Lamp è un progetto di design sociale concepito dal designer spagnolo Alvàro Catalàn de Ocòn che riutilizza bottiglie di plastica PET trasformandole, grazie alla maestria di artigiani colombiani, in coloratissimi paralumi.

Nell’estate del 2011, durante una visita in Colombia, sono stato invitato a far parte di un progetto interessante incentrato sul riutilizzo delle bottiglie di plastica PET. Hélène Le Drogou, psicologa e impegnata nella battaglia contro l’inquinamento dei rifiuti di plastica che contaminano l’Amazzonia Colombiana, mi ha invitato a dare il mio punto di vista come industrial designer su questo problema.

Come referente di un gruppo di creativi coinvolti in questo progetto, ho potuto constatare che l’inquinamento generato dalle bottiglie di plastica che usiamo ogni giorno è un problema che ci riguarda a livello globale. È per questo che ho deciso di sviluppare un progetto che avrebbe fornito risposte, da un punto di vista di design, a questo problema mondiale.
Il modo in cui abbiamo affrontato la questione è stato quello di utilizzare una antica risorsa artigiana: la tradizione tessile. La mia idea era quella di convertire un oggetto con una durata di vita breve in un prodotto arricchito dalla cosmogonia della cultura locale.

La Colombia, grazie alla sua enorme ricchezza culturale, è stato il luogo ideale per sviluppare la prima fase di questo progetto. Grazie ai consigli di Artesanías de Colombia (una società facente capo al Ministero del Commercio, Industria e Turismo della Colombia che promuove e contribuisce al progresso e allo sviluppo dell’artigianato colombiano) e al mecenatismo di Coca Cola, nell’agosto 2012 siamo tornati a Bogotá, dove abbiamo creato un laboratorio di artigiani del Dipartimento di Cauca che erano stati sfollati a causa della guerriglia. Visto dall’esterno, per la sua complessità logica, sembrava un compito impossibile. Tuttavia, una grande parte della magia di questo progetto è stato quello di vedere un puzzle di infiniti pezzi costruirsi man mano, fino a quando è stato presentato sul mercato per la prima volta al Salone del Mobile 2013 di Milano, ospitato nello spazio Rossana Orlandi. (Alvàro Catalàn de Ocòn)

Il Pacific Trash Vortex grande più della Spagna (Photo credit should read JAY DIRECTO/AFP/Getty Images)

 

IL PROBLEMA DEI RIFIUTI
Una crescente quantità di rifiuti di plastica sta invadendo ogni angolo del pianeta. In molti luoghi non ci sono risorse adeguate per la raccolta e il riciclo di tali rifiuti e nelle zone tropicali questo problema si accentua ancora di più. Le piogge tropicali riversano le bottiglie di plastica PET nei fiumi che a loro volta le portano in mare. Una volta lì, le bottiglie galleggiano sulle correnti oceaniche. Questo continuo accumulo di rifiuti di plastica ha prodotto una immensa isola nell’oceano Pacifico, già di dimensioni maggiori rispetto alla Spagna e che oggi è conosciuto come il settimo continente. A causa della dimensione di questo problema nessun paese se ne è assunto la responsabilità ed è solo di recente che una spedizione francese si è impegnata a fare una seria indagine su questo fenomeno (maggiori dettagli sono disponibili all’indirizzo www.septimecontinent.com).

PROPOSTA
“Crediamo nel riutilizzo come alternativa al riciclo” racconta Alvàro Catalàn de Ocòn. “Le bottiglie in PET hanno una durata di vita molto breve e sembra assurdo se si considera lo sforzo necessario per la loro produzione. Tuttavia, esse sono un prodotto largamente utilizzato grazie alla loro efficacia indiscutibile, al loro prezzo e praticità. Il nostro obiettivo è quello di pensare l’utilizzo di un oggetto nel lungo termine, evitando che diventi obsoleto dopo pochi minuti. La giusta manipolazione della bottiglia ne permetterebbe la trasformazione in un prodotto coerente, funzionale e desiderabile per il mercato”.

IL DESIGN
“Per dare una seconda vita alle bottiglie in PET abbiamo cercato di fondere uno degli oggetti industriali maggiormente prodotti con uno dei mestieri tradizionali e più radicati sulla terra. Abbiamo approfittato della parte superiore della bottiglia per unire i componenti elettrici del paralume, il collo come struttura e il corpo della bottiglia come superficie su cui tessere. Il principio della tessitura viene reinterpretato e la superficie della bottiglia viene trasformata in ordito attraverso cui l’artigiano intreccia la trama. Mentre il numero identificativo stampato sul collo della bottiglia ci racconta della sua produzione, dove è stato imbottigliata e a quale mercato era destinato, la tessitura creata dall’artigiano ci racconta della loro tradizione attraverso le fibre, i colori e i motivi”.

DA DOVE VIENE L’IDEA

L’ispirazione sulla manipolazione delle bottiglie è venuta da un’analisi dell’agitatore di bambù (chasen) utilizzato nella cerimonia giapponese del tè. Entrambi gli oggetti (la bottiglia e l’agitatore) hanno molti elementi in comune: tutti e due infatti sono realizzati in un unico materiale e in un unico pezzo. Anche nella forma essi hanno un elemento strutturale (il nodo del bambù) ed una superficie piatta che può essere filata. Tessendo su questo ordito, il pezzo acquisisce e mantiene la forma desiderata. Analizzando la bottiglia come oggetto industriale, siamo in grado di vedere in essa le tracce del suo processo di fabbricazione. Pertanto, le sottili linee (ancora visibili sulla bottiglia) in cui gli stampi si incontrano servono come riferimenti orizzontali e verticali per il taglio e la filatura.

L’ASPETTO SOCIAL
“Attraverso l’Asociación Artisanias de Colombia, abbiamo avuto l’opportunità di collaborare con gruppi di artigiani della regione di Cauca che erano stati sfollati a Bogotà a causa della guerriglia. Da qui è nato il workshop che abbiamo sviluppato insieme con gli artigiani provenienti da due gruppi etnici distinti per tutto il mese di Agosto 2012. Gli Eperara-Siapidara si trovano nella regione del litorale del Cauca, una zona calda dove la Paja Tetera di palma si trova abbondantemente. Questa è la fonte di fibre per i loro mestieri tradizionali, che essiccano e colorano con pigmenti naturali che si trovano a livello locale. Le Guambianos, nonostante la loro vicinanza geografica alla Eperara-Siapidara, sono un gruppo etnico proveniente da una zona fredda situata nella catena montuosa centrale delle Ande e con una tradizione che essi hanno preservato da prima degli Inca. Nella tessitura della lana e del cotone riflettono il carattere del loro paese e il simbolismo della loro cultura. In questa prima fase del progetto si è cercato di dare a questi artigiani, che si trovano a vivere a Bogotà in pessime condizioni sradicati dalla loro terra e la loro cultura, i mezzi di sussistenza grazie alle loro conoscenze tradizionali”.

Liliana Grueso
Manuela Dura

 

PERCHE COLOMBIA?

La Colombia è il quarto paese più esteso del Sud America e l’unico paese ad avere sia una costa pacifica sia una caraibica. La Colombia vanta un’abbondanza di natura ed è il secondo paese più biodiversificato al mondo. Con una popolazione di oltre 46 milioni di abitanti, la Colombia si definisce una nazione multirazziale, con un mix etnico di razze la maggior parte delle quali provenienti dall’Europa, soprattutto Spagna e Italia. Vi è anche una grande popolazione di origine africana, così come gruppi più piccoli provenienti dall’Asia e dal Nord America. La popolazione indigena, che rappresenta il 3,4% della popolazione complessiva, detiene il 27% del territorio e sostiene, fino ad un certo punto, l’autonomia per gestire gli affari della comunità, mantenere il proprio sistema sanitario, avere il controllo sulla propria istruzione e gestire la giurisdizione sul proprio territorio. Le condizioni topografiche del Rio delle Amazzoni e le Ande, aggiunti al conflitto politico prolungato, hanno creato un fenomeno sociale specifico in cui diverse culture e gruppi migratori sono rimasti isolati, sviluppando particolari ed esclusive tradizioni e costumi artistici. Questo ha dato alla Colombia una straordinaria varietà di espressioni culturali che spiega la sua enorme ricchezza musicale e artigianale.

I PRODOTTI
“Da Madrid, la sfida come designer industriale” prosegue Alvàro Catalàn de Ocòn, “è stato quello di trasformare il prodotto semilavorato, il paralume realizzato dagli artigiani in Colombia, in un prodotto pronto per essere venduto sul mercato: la lampada. Dato che ogni tonalità di lampada è unica, abbiamo scelto di fornire sia singole lampade sia grandi installazioni. Per questo abbiamo progettato un ornamento cilindrico di ferro con un foro da cui scendono i diversi cavi. La scelta del cavo diveniva a questo punto fondamentale per collegare in maniera armonica la gamma cromatica del paralume al cilindro e ai diversi componenti elettrici. Per questo abbiamo scelto un cavo tessile, fatto appositamente per noi, con colori vivaci e con una perfetta consistenza e caduta. Abbiamo voluto mantenere le bottiglie protagoniste lasciando visibile la parte superiore delle stesse. La trasparenza di quest’ultima parte permette di rendere visibile un anello di ferro inciso che autentica la lampada e permette al cliente di conoscere l’origine e la storia di ogni prodotto”.

Design Playground è un viaggio nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea. Un racconto fatto di storie, di idee e di sogni.

Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.