Laurent Chehere è un fotografo francese nato a Parigi nel 1972. A lui piace esplorare le città e i loro sobborghi, tanto quanto ama cimentarsi in ogni ambito fotografico, dal reportage alle immagini concettuali. Le sue Flying Houses (progetto del 2012) sono il risultato di queste “esplorazioni” nei quartieri più poveri di Parigi: Laurent Chehere scatta fotografie con la medesima luce a numerosi edifici e poi, scegliendo frammenti di ognuna di esse, ricostruisce sapientemente una “casa volante”.
Da lontano sembrano case qualunque…ma avvicinandosi se ne svelano le storie impregnate di metafore e riferimenti espliciti ai suoi ispiratori come Hayao Miyazaki, Albert Lamorisse, Federico Fellini, Wim Wenders e Marcel Carné. Elevare al cielo significa trascendere, quindi estrapolare dal contesto quotidiano e dare nuova dignità, rendere esclusivo. Così le case volanti vengono illuminate da una luce personalizzante che le rende vive (non a caso ne Il castello errante di Howl di Miyazaki il castello stesso è animato). Gli edifici non sono più semplici contenitori ma diventano il soggetto della fotografia. Laurent li “ritrae” raccontando le loro storie e la loro anima. Da dove vengono e dove stanno andando? Chi ci abita? Che cosa sta accadendo lì dentro? Eccone alcune…le altre immaginatele voi!


“Red Balloon” è un tributo al film The Red Balloon di Albert Lamorisse girato nel 1956 a Parigi in Rue de Ménilmontant. Ci sono numerosi riferimenti ai graffiti del “Big Brother” il dittatore del film 1984 tratto dall’omonimo libro di George Orwell, un mosaico di “Space Invaders”, le tracce di un’insegna rubata e una piccola iscrizione “Viva la comune”.

“Circus” è ispirato a un circo che si trova nella zona nord di Parigi lungo la strada statale, intossicato dallo smog. Qui si nasconde un nano vestito da clown che sta cercando di accendersi una sigaretta dietro al tetto del tendone innevato: piccolo riferimento al film La strada di Federico Fellini e all’angelo protagonista del film Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders.

“La Grande Illusion” da lontano sembra l’arca di Noè, mentre da vicino diventa evidente la metafora dell’odissea dei migranti africani. La nave è la loro ultima destinazione: un edificio parigino pericoloso e barcollante.

“Harmony” è la metafora dell’apparenza: una casa fin troppo perfetta in un noioso sobborgo parigino dove le sue forme sembrano talmente idealizzate da essere disegnate da un bambino.











