“Tchaikovsky & Co.”, cestini per la raccolta differenziata domestica

Il progetto di Caterina Vrabec e Lorenzo Scodeller.

“Nato dall’esigenza di ridare nuove qualità semantiche al concetto di “Rifiuto”, Tchaikovsky & Co. (il cui nome prende diretta ispirazione dal celebre compositore de Lo Schiaccianoci appunto), rappresenta una serie di cestini dedicati alla raccolta differenziata domestica.
I due designer ideatori del progetto, Caterina Vrabec e Lorenzo Scodeller (studenti presso l’Università IUAV, Repubblica di San Marino) sono partiti dall’utilizzo di scarti pre-consumo (i gusci di noce), che spesso rappresentano un’importante sfida (e risorsa spesso sottovalutata) per l’industria alimentare.

In questo caso il materiale organico è stato mescolato ad una colla naturale di origine animale. In seguito ad un’intensa attività di ricerca circa la colla più efficace da poter impiegare per dare consistenza e resistenza al materiale, lo spunto è arrivato dalla colla d’ossa, appartenente alla tradizione artigiana e impiegata in passato nel restauro e nella conservazione di molti artefatti. Infatti le qualità di resistenza all’acqua, all’umidità, una forte adesività e una buona compatibilità chimico-fisica con la matrice lignea dei gusci di noce, sono risultate eccellenti per lo sviluppo del progetto. Il risultato è un oggetto dal basso impatto ambientale, di facile dismissione e compostabile al 100% al termine della sua “vita utile”, rappresentando così al meglio i criteri del “Life Cycle Design”.

Ma il progetto non si è limitato alla sola categoria dell’“umido”, bensì è proseguito approfondendo i temi del riciclo di plastica, alluminio e carta. L’“affordance” che ne risulta è la diretta conseguenza dell’impiego del contenuto stesso della raccolta differenziata, pratica in questo caso semplificata dalla forte presenza appunto dei rifiuti post-consumo (tappi di bottigliette, lattine, riviste). Tchaikovsky & Co. riesce dunque a veicolare al meglio il messaggio di sostenibilità grazie all’influenza che esercita nei riguardi dell’“end-user” e l’interazione con quest’ultimo. Il comune denominatore, aldilà della riqualificazione del rifiuto, che in questo caso ha notevolmente contribuito all’estetica e all’approccio innovativo di questo prodotto, è rappresentata anche dal processo produttivo. Quest’ultimo, infatti, ad eccezione del processo eseguito per la carta, è descrivibile come“soft-tooling”: impiegando una semplice pressa e uno stampo è possibile realizzare ogni singolo cestino. Nel caso di plastica e alluminio il calore sviluppato dalla pressione è lo stesso che permette di fondere il materiale, risparmiando così energia e risorse, rispettando il più possibile quelle caratteristiche di sostenibilità alla base del progetto.

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Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

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