Pablo S. Herrero è un artista spagnolo dalle mille collaborazioni, caratterizzato da un linguaggio che porta tutti inevitabilmente a mettere radici. Il suo lavoro si insinua in ogni spazio libero della superficie grazie all’energia vitale della natura. Herrero parte infatti da una stilizzazione dell’albero, ricondotto ad una continuità tra apparato aereo e radici, in cui il fusto rappresenta solo un elemento transitorio, come se assorbire (sole, luce) e succhiare (sostanze nutritive) siano le uniche attività degne di nota. In fondo la vita è questo. Herrero lavora con il segno come con una forza vitale, che è tale da reggere il continuo confronto costruttivo con il linguaggio di altri artisti, e1000, David de la Mano, solo per citarne alcuni. E allora i rami seguono colorate forme geometriche, annegano in un rosso tramonto o vanno a determinare le estremità inferiori di ominidi di stampo primitivo. (Memorie Urbane)
Abbiamo approfittato del suo ultimo lavoro in Italia, nel piccolo borgo di Arnara (FR) realizzato a margine del progetto Memorie Urbane, per scambiare due parole con lui e addentrarci nella sua foresta…
Come è nata in te la passione per l’arte e come hai deciso di dipingere per strada?
Disegno da quando ero un ragazzino, ma in principio non amavo il disegno naturalistico, per un lungo periodo di tempo l’ho odiato così come odiavo le bianche sculture classiche, i volti di gesso, ecc. Poi ho cominciato vari esperimenti con l’astrazione e la poesia visiva. Ho deciso di andare in luoghi abbandonati che hanno il fascino del mistero e una forte carica poetica. Il passo successivo verso i luoghi abitati era naturale. Sempre in zone degradate, quartieri di periferia. Salamanca è una piccola città, della quale molti territori sono fuori dal centro urbano e hanno una grande carica di invisibilità. Penso che sia necessario mettere a fuoco le zone d’ombra, le aree luminose già godono di luce.
Quanto la tua città ha influenzato il tuo lavoro e quanto sei soddisfatto del suo movimento culturale?
Sono una persona molto statica, la mia città rappresenta una parte importante della mia vita, anche con il suo lato sordido, e ha una forte influenza su di me, naturalmente. Cerco di partecipare al suo lato buio, per cercare di fare luce, anche se può sembrare contraddittorio. A occhio nudo, Salamanca è una città morta culturalmente che vive con la rendita dei suoi monumenti, ma sono i centri sociali autogestiti, le associazioni di quartiere, i piccoli gruppi, i collettivi di musicisti che, a mio avviso, sono il motore culturale, sempre sullo sfondo.
Quali messaggi vuoi trasmettere con i tuoi lavori?
Mi piacciono i codici di base, i vocaboli primari, cerco di trasmettere emozioni essenziali con forme essenziali. Uno dei miei obiettivi è di ripristinare (in modo fittizio) lo spazio che gli uomini hanno rubato alla natura. Una sorta di compensazione immaginaria. Poi lavoro con i labirinti di affetto, i rapporti di potere, dipendenza affettiva, etc.
C’è qualche artista che stimi o che ti piace particolarmente?
Tutti gli artisti con cui dipingo insieme mi influenzano. Quello con cui ho lavorato di più è David de la Mano e devo dire che ci siamo altamente contaminati.È positivo per noi, le idee vanno veloci quando dipingiamo insieme e poi è anche un grande amico oltre ad essere un ottimo partner. Mi interessano gli artisti vicini alla poesia visiva, come Joan Brossa, Joan Ponç, Antonio Gómez.
E per le strade mi piace molto il lavoro di Hogre, Morfai, Spyras, Timofei Radya, Vulpes Vulpes, Hyuro, Dosjotas e molti altri, naturalmente.
Legale o illegale …. moda o cambiamento?
La street art ha sicuramente dei punti negativi, come il processo di gentrification che avviene in molti quartieri, in molti casi è il fast food dell’arte, ma non per le persone che vivono di fronte al pezzo …. per questo motivo ritengo importante non concentrare queste manifestazioni nei centri e nei quartieri Cool, ma portarle outside, ai margini, nei non-luoghi.. È la via per mantenere vivo lo spirito originario del movimento. Poi, probabilmente, finirà commettendo gli stessi errori critici.
Come si configura il rapporto dell’artista con la parte umana del territorio, quella che vive i suoi spazi e costruisce il suo immaginario e i propri simboli?
È una domanda difficile. In ogni modo il lavoro dell’artista è parte del territorio che lo ospita, ma è sempre un’intrusione, grande o piccola, nel bene e nel male. Qui entra in gioco il concetto di rispetto, da ogni punto di vista….
Secondo te per il futuro dell’arte urbana cosa cambierà?
Penso che la street art sia un movimento simile ai film west, si sta narrando la sua storia, in tempo reale, da decenni, ma questo è un mio parere, ovviamente. Forse in futuro, ma anche ora, una parte considerevole dell’arte urbana diventerà arte pubblica non indipendente.
Da sempre ci sono iniziative per tentare di legalizzare il movimento, soprattutto da parte di gruppi che cercano di rendere l’illegalità legalità. Ma se la street art perdesse il suo lato illegale perderebbe la sua stessa essenza.
Preservare o lasciare che l’effimero abbia la meglio?
Lascia vivere e lascia morire. Le opere in strada sono parte dello spazio pubblico, devono cambiare e trasformarsi con esso; penso che sia il modo giusto per assolvere al loro compito, altrimenti sarebbe come mascherare il passare del tempo.