Blue Note – Uncompromising Expression (Thames & Hudson) di Richard Havers è la prima biografia ufficiale dell’etichetta jazz fondata dal berlinese Alfred Lion e dagli scrittori Max Margulis e Emanuel Eisenberg a New York nel 1939. Nel tracciare l’evoluzione della Blue Note Records, Havers racconta la storia del jazz stesso. Una pubblicazione che commemora l’importante contributo che Lion&co hanno offerto alla musica, all’arte e al design.
Fin dall’inizio infatti, le fotografie di Francis Wolff, (amico di Lion dai tempi di Berlino e poi socio in affari) che ritraevano i musicisti della Blue Note – un pensieroso John Coltrane sulla copertina di Blue Train nel 1957, per esempio – hanno contribuito a definire l’immagine iconica dell’etichetta. Il primo direttore artistico Paul Bacon e, dal 1955 in poi, il graphic designer Reid Miles hanno utilizzato queste immagini per creare alcune delle cover più celebri in ambito jazz.
Dopo aver lavorato a New York nei primi anni 50 per John Hermansader e la rivista Esquire, il giovane Reid Miles (1927-1993) fu assunto, intorno al 1955, da Francis Wolff per la progettazione delle copertine degli album quando la Blue Note cominciò a pubblicare le proprie registrazioni su LP da 12 pollici. Miles progetterà diverse centinaia di copertine fino al 1967, spesso utilizzando le immagini di Francis Wolff e, più tardi, le sue stesse fotografie.
Miles non era particolarmente interessato al jazz e confessò di nutrire molto più interesse per la musica classica: riceveva diverse copie di ogni album Blue Note da lui progettato ma ne regalava la maggior parte ad amici o ne vendeva alcune a negozi di dischi usati. Miles si faceva raccontare minuziosamente le sessioni di registrazione dal produttore Alfred Lion per creare poi l’artwork della cover. Ma il fatto che Miles non fosse completamente coinvolto con questo genere di musica può aiutare a spiegare il senso di certezza che molte di queste copertine comunicano potendo andare dritto per la sua strada, con una soluzione coraggiosa e semplice, senza curarsi dei problemi causati dalle troppe possibilità progettuali.
La Blue Note usò a malapena l’illustrazione (anche se alcuni disegni di Andy Warhol appaiono sulla cover di un album di Johnny Griffin e su due di Kenny Burrell). La tipografia divenne spesso preponderante e l’uso sapiente dei caratteri americani sans-serif divenne elemento caratterizzante dell’immagine dell’etichetta che appariva così fresca, moderna e progressista. La giustapposizione giocosa della fotografia, del testo e l’uso degli spazi vuoti furono un’interpretazione visiva perfetta del jazz hard-bop di quegli anni e contribuirono a definire sia un genere sia un’epoca, creando uno stile visivo molto imitato ancora oggi.
Per concludere, non possiamo non citare questa cover che Reid Miles progettò per l’album di Thelonious Monk del 1954 per l’etichetta Prestige.