Nuna, l’architettura si fa cibo

È notizia di pochi mesi fa l’avvio di un master universitario a Milano dedicato al food design e di un altro allo IED di Roma. Anche il tema dell’Esposizione Universale di Milano 2015 è Nutrire il pianeta, energia per la vita. Tutti indicatori piuttosto evidenti della recente crescita di interesse, già avviata da qualche anno, riguardo il mondo del cibo.

Negli ultimi tempi infatti si sta dedicando uno spazio sempre maggiore a questo ambito, anche nelle scuole (ne è un esempio Materiale Paneil progetto realizzato nel 2014 dagli studenti del primo anno dell’Università del Disegno Industriale di San Marino), e sempre più professionisti del design si relazionano con il settore alimentare, specializzandosi nello studio di trasformazione, produzione, distribuzione e consumo di cibo.

Non sembrerà strano quindi che lo studio berlinese Neubau del designer Stefan Gendl abbia collaborato con l’architetto Manu Kumar per l’elaborazione di un ghiacciolo. Nuna, questo il suo nome, è caratterizzato da un’elaborata forma composta da piccoli poligoni, dai colori delicati e sfumati a regola d’arte, che avvolgono uno stecco di bambù.
Se nel corso dei secoli il cibo ha influenzato l’architettura e gli spazi in cui viviamo, in questo caso è l’architettura che a sua volta scolpisce e delinea le forme del ghiacciolo. È l’architettura che si fa cibo.

Se nel 1896 Louis Sullivan parlando di progettazione architettonica sintetizza la sua idea nella frase  “la forma segue la funzione“, lo studio Neubau la interpreta trasformandola in “la forma segue il gusto” (Form follows taste), ricordandoci che la composizione ingegneristica di Nuna è legata al suo gusto. L’aspetto sensoriale resta il principale protagonista del ghiacciolo tanto che tra i creatori figura Heiko Antoniewicz, chef tedesco conosciuto per il suo percorso nella cucina molecolare.

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Immagini: Stefan Gandl/Neubau

Design Playground è un viaggio nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea. Un racconto fatto di storie, di idee e di sogni.

Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.