“Seven Windows”. Christian Marclay al Palais de Tokyo di Parigi

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© Photo André Morin

“Seven Windows” è un progetto del 2012 del visual artist e compositore Christian Marclay realizzato per celebrare la riapertura del Palais De Tokyo a Parigi, celebre contenitore d’arte contemporanea; un design innovativo per le sette finestre della facciata del palazzo che danno su Avenue du Président Wilson, un lavoro per il quale l’artista si è appropriato delle onomatopee tratte dai fumetti come riferimento diretto all’espressione grafica del mondo sonoro.

Gli spettacolari collages colorati di “suoni” composti dall’artista coprono le finestre dell’edificio dotandolo così di una sorta di sensibilità alla musica. La divisione di queste pareti verticali di vetro evoca l’organizzazione di una pagina di fumetto dando origine a una “storia sonora” che si svolge nello spazio dove il visitatore si muove. Le onomatopee che ispirano la composizione di ogni finestra evocano una varietà di tempi e culture, dai fumetti americani alle vetrate gotiche fino ai dipinti giapponesi (kakemono). Questi molteplici riferimenti sottolineano la natura universale delle emozioni espresse dalle onomatopee e questo nonostante le differenze esistenti dovute alla lingua e alla cultura d’origine.

Infine, il progetto vuole anche essere un cenno all’0pera La Mariée mise à nu par ses célibataires, même  (o Grand Verre – Il Grande Vetro) di Marcel Duchamp.
L’opera di Christian Marclay si può apprezzare in due diversi modi, di notte da fuori, illuminata dalla luce del ristorante del Palais de Tokyo, e di giorno dall’interno, illuminata dalla luce naturale, un particolare riferimento al cinema e alla cineteca che era una volta ubicata nell’edificio.

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© Photo André Morin
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© Photo André Morin
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© Photo André Morin
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© Photo André Morin
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© Photo André Morin
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© Photo André Morin
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© Photo : Florent Miche

Design Playground è un viaggio nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea. Un racconto fatto di storie, di idee e di sogni.

Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.