Shepard Fairey. #Obey al Palazzo delle Arti di Napoli

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Shepard Fairey, “Capitol Hill”, 2009

Il PAN (Palazzo delle Arti di Napoli) ospita fino al 28 febbraio 2015, Shepard Fairey, uno dei più celebrati street artist americani. Autore tra i più influenti della scena contemporanea, Fairey, meglio conosciuto con lo pseudonimo di OBEY, ha accresciuto la sua fama grazie all’immagine stilizzata in quadricromia di Barack Obama sovrapposta ai termini Hope (speranza), Change (cambiamento), Progress (progresso), divenuta simbolo della campagna elettorale dell’attuale presidente degli Stati Uniti d’America.
Con questo ritratto, definito dal critico d’arte del New Yorker, Peter Schjeldahl, “la più efficace illustrazione politica americana dai tempi dello Zio Sam”, Obey ha dato vita a un’icona pop contemporanea così come Andy Warhol aveva fatto con Marilyn Monroe, Mao, la Campbell’s soup e altro.

L’esposizione, curata da Massimo Sgroi, organizzata da Password Onlus, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli presenta, per la prima volta in uno spazio museale italiano, 90 opere che raccontano l’evoluzione stilistica di Shepard Fairey, come la serie realizzata per la città di Venezia, Obama Manifest Hope, la monumentale tela, finora mai esposta, a cui si affiancano lavori provenienti da collezioni private.
La rassegna consente al visitatore di confrontarsi su tematiche sociali sempre attuali, come la guerra, la repressione, la propaganda, il razzismo, la difesa dell’ambiente e il rapporto con la musica e le icone del nostro secolo. Il fine per Obey è di stimolare il fruitore a giungere a una propria interpretazione e riflettere sul senso di ciò che vede.

“È un dialogo costante con l’osservatore; ciò che faccio è inviare uno stimolo e rispondere con un nuovo stimolo in base alla reazione ricevuta” (Shepard Fairey)

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Shepard Fairey, “St. Mark’s Square”, 2009
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Shepard Fairey, “Jaws Wave”, 2009
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Shepard Fairey, “Obey Marittima”, 2009
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Shepard Fairey, UNCLE SCAM, 2007
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Shepard Fairey, RISE ABOVE FIST, 2007
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Shepard Fairey, GUNS AND ROSES, 2007
Ritratto Shepard Fairey
Shepard Fairey

Fonte: ufficio stampa

 

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Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

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