“Wilder Mann” di Charles Fréger alla Galleria del Cembalo di Roma

Riti e tradizioni in cui l’abito diventa maschera, travestimento, incarnazione del mito.

Strohmann, Germany, WILDER MANN, 2010-2011

Dal 6 febbraio al 28 marzo la Galleria del Cembalo di Roma apre al pubblico una mostra che presenta, per la prima volta in Italia, le fotografie della serie Wilder Mann di Charles Fréger. Avevamo già parlato di questo progetto fotografico in un articolo del 2013, dopo l’uscita del volume “Wilder Mann – O la figura del selvaggio”, edito in Italia da Peliti Associati, che raccoglie le fotografie di Fréger.

I ritratti fotografici e, in particolare, quelli di soggetti in uniforme – di qualsiasi tipo essa sia – sono da sempre la materia del lavoro di Charles Fréger. Il fotografo francese rivolge la sua attenzione a comunità presso le quali l’abito riveste un ruolo di primissimo piano, siano esse di militari, oppure di sportivi, o ancora di scolari, religiosi o teatranti. L’insieme del suo lavoro di ritrattista descrive quasi un’antropologia dei costumi, mai disgiunta dagli usi, dalle pratiche umane. Così accade per la serie Wilder Mann, con cui Fréger esplora da tempo riti e tradizioni europee in cui l’abito diventa maschera, travestimento, incarnazione del mito.

Nelle settanta fotografie della mostra si potrà osservare la trasformazione di uomini che sono entrati nella pelle del ‘selvaggio’ – il ‘wilder mann’ è, secondo la leggenda, il frutto dell’unione tra un orso e una donna – diventando fantoccio di paglia, diavolo, mostro dalle mascelle d’acciaio. Personaggi umani e maschere zoomorfe – capra, cervo, cinghiale e naturalmente orso – compongono una sequenza che, se da un lato colpisce per la straordinaria diversità delle trasformazioni, dall’altro vede affiorare in certi elementi ricorrenti – pelli, campane, bastoni, corna – una sorta di ineffabile trasversalità, parzialmente misteriosa e non certo riconducibile agli aspetti più recenti della cosiddetta globalizzazione.

Non è un caso che l’inaugurazione della mostra si inserisca proprio nel periodo di carnevale, quasi a creare un ponte simbolico tra il mascheramento nel presente e nella tradizione.

Strohmann, Germany, WILDER MANN, 2010-2011
Strohmann, Germany, WILDER MANN, 2010-2011
Certi, Czech republic, WILDER MANN, 2010-2011
Certi, Czech republic, WILDER MANN, 2010-2011
Juantramposos, Spain, WILDER MANN, 2010-2011
Juantramposos, Spain, WILDER MANN, 2010-2011
Schnappviecher, Italy, WILDER MANN, 2010-2011
Schnappviecher, Italy, WILDER MANN, 2010-2011

Design Playground è un viaggio nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea. Un racconto fatto di storie, di idee e di sogni.

Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.