Si dice che a volte i cassetti polverosi dove, incurvite dal tempo, vecchie fotografie giacciono dimenticate, siano terreno fertile per la nascita di creature fantastiche che proprio di quelle immagini prendono possesso facendone la loro dimora. Nel buio di vecchie cassettiere così prendono vita mostri, slimer, animali, insetti, oggetti e le loro storie si intrecciano con quelle delle fotografie ingiallite che, inermi, non possono far altro che arrendersi ad ospitare i loro invasori. Se ci si avvicina pian piano e si origlia in silenzio, si potrà persino sentire il frastuono di assalti, esplosioni, invasioni. È il rumore della “bellissima giungla”.
Proprio così, Beautiful Jungle, si chiama il progetto della graphic designer e illustratrice di Bassano del Grappa, Diamante Beghetto, che ci conduce dentro a questo mondo immaginario, che lei stessa crea attraverso l’intervento con UniPosca su vecchie fotografie. Un mondo intricato, complesso, che ci attrae e ci impaurisce allo stesso tempo.
È la giungla della mente umana (metafora spesso usata negli studi di psicologia), è la giungla della natura dove il concetto di sublime esprime a pieno la sua grandiosa bellezza e contemporaneamente il suo essere spaventosa e distruttrice, è la giungla come metafora della vita, è la selva oscura di Dante Alighieri. In ogni caso è sicuramente un invito alla scoperta e all’esplorazione.
“La Giungla fa paura perché è inaccessibile, scura, misteriosa, popolata di esseri più o meno pericolosi.
La Giungla è un luogo reale dove ci si mostra per quello che si è. Veri. Non esistono scrupoli per uccidere se si ha fame, ci si corteggia per aversi con il massimo delle possibilità.
Ci si spinge perfino alla morte, a volte per arrivare a qualcosa. Senza timore. Perché è naturale.La Giungla è il luogo dell’onestà, della schiettezza, dell’istinto.
La Giungla però è anche metafora dell’essere umano: cosa c’è dietro la maschera di ognuno di noi? Come siamo fatti dentro?
Noi tutti abbiamo due occhi un naso e una bocca, apparentemente uguali ma così diversi interiormente.
Non sappiamo se chi abbiamo davanti è una persona che ci ferirà profondamente per sempre oppure ci regalerà felicità.
Probabilmente se vedessimo la Giungla da fuori potremmo farci amicizia, evitare le insidie più pericolose, stringere la mano a chi sembra quello che in realtà non è, scansare chi ci affascina con movimenti sinuosi ma letali come una pantera.
In questo modo la Giungla potrebbe diventare bella perché rivelatrice: conosco lei e di conseguenza conosco me.
Probabilmente vediamo nell’altro quello che siamo noi e la Giungla spaventosa non è altro che l’insieme delle paure che ci portiamo dentro.I caratteri si mostrano come forme, solide, che occupano uno spazio e si espongono al mondo. I colori su bianco e nero si elevano.
Beautiful jungle è una volontà e una necessità.” (Diamante Beghetto)