Biciclette Jaegher dal 1934.

Leggere come l'aria, veloci come il vento.

Ripercorriamo a ritroso la storia, quasi centenaria, delle biciclette Jaegher che dal Belgio corrono sulle strade di tutto il mondo.

“La differenza tra Diel e Odiel? Una lettera e quattro generazioni”.  Così inizia la storia raccontata sul sito ufficiale. Diel Vaneenooghe (1983) rappresenta l’ultima generazione e viene descritto come un “ciclo-maniaco” che ossessivamente analizza al millimetro ogni telaio Jaegher. Non prende il nome dal suo bisnonno Odiel solo per il colore dei suoi occhi, ma anche per aver ereditato la sua passione per le corse e per l’acciaio. Diel si occupa meticolosamente delle misure anatomiche di ogni cliente e, basandosi su queste, costruisce ogni telaio con saldatura  TIG dei modelli Interceptor e Ascender, per poi verificare ogni bicicletta prima che questa lasci il laboratorio di Ruiselede.

Il padre di Diel si chiama Luc, classe 1958. Per Luc Eddy Merckx non è solo una leggenda ma uno dei tanti corridori che si fermavano presso la bottega di famiglia. Negli anni Merckx sarebbe venuto a ritirare in bottega le bici con le quali vinse quasi tutte le gare della sua incredibile carriera. Quando si sceglie un telaio Jaegher, Raptor, Pistier o Phantom, si può essere certi che sarà Luc a saldarlo come un’opera d’arte.

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Eddy “The Perfectionist”

Come nelle migliori tradizioni artigiane familiari Luc ha imparato il mestiere da suo padre Etienne (1932) il quale, ossessionato dalle biciclette, iniziò con un negozio negli anni Cinquanta, quello che oggi chiameremmo ciclo-bar, a Ruiselede, versando pinte e costruendo telai.

Etienne "The Bull"
Etienne “The Bull”

Il padre di Etienne, Odiel è stato il primo della famiglia con la febbre della bici. Se si voleva partecipare alla Milano-San Remo, si doveva andare in bici a Milano prima. Questi erano i tempi in cui viveva. E Odiel lo fece nello stesso anno, 1932, in cui vinse la tappa più dura del Giro del Belgio. Questo fu l’inizio dell’avventura Jaegher. Odiel era un fenomeno e, come detto, solo una lettera e quattro generazioni lo separano dal nipote Diel.

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Odiel “The Godfather”

Un telaio Jaegher è costruito esclusivamente con tubi italiani Columbus Spirit e tubi di acciaio XCR ancora nella fabbrica di Ruiselede. L’azienda pone una particolare enfasi sul servizio al cliente:

Ci siamo semplicemente posti l’obiettivo di costruire le migliori biciclette da corsa di tutto il mondo. Per non dire le più belle. Crediamo che lavorare duramente su una bici non sia fatica, ma un modo per godersi lo sport più eroico della terra che merita i materiali, le lavorazioni e i componenti migliori. Il nostro marchio è un riferimento alla caccia ma anche agli aerei: Charles Elwood Yeager fu il primo uomo a rompere il muro del suono. Tutto questo per dire che Jaegher vuole spingersi oltre i limiti possibili. Una bicicletta Jaegher è arte pura. Solo saldatori altamente specializzati sono in grado di gestire questo tipo di tubi ultra leggeri.

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Proprio come i migliori designer di moda Luc e Diel non producono biciclette ready-to-wear. Non sono tentati dalla produzione di massa. Ogni singola Jaegher corrisponde alle esigenze specifiche del suo proprietario. Nel loro laboratorio, il cliente è meticolosamente misurato. Ci può volere fino a un’ora per questa fase. Ogni tubo del telaio viene poi tagliato e squadrato esattamente in base a tali misure, senza approssimazione e con molta cura..

Per l’assemblaggio finale, i clienti hanno la possibilità di scegliere i componenti migliori sul mercato: Sram (Red), Campagnolo (Record) o Shimano (Dura Ace e Ultegra). E ancora Miche (ruote), Challenge (pneumatici), Fizik (selle), 3T (attacco, manubrio e reggisella).

Gli abbinamenti cromatici possono essere ampiamente personalizzati senza timore di essere troppo esigenti. Sarà David Meirhaeghe a occuparsi personalmente di questa fase. E se si vuole sarà possibile scegliere una citazione da “stampare” sul tubo orizzontale.

Il sistema di identità visiva è stato progettato da Jelle Marechal e Christophe Ghewy (Bowling Brussels). Grover (Sudtipos) per il logo e Akkurat (Lineto) per il materiale cartaceo sono i caratteri tipografici utilizzati.

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Design Playground è un viaggio nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea. Un racconto fatto di storie, di idee e di sogni.

Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.