Con un modo veloce ed informale di comunicare, le cartoline possono essere definite le e-mail e i “tweet” del diciannovesimo secolo, ma sono anche parte di una più ampia tradizione di souvenir d’artista che persiste tutt’oggi nei negozi dei musei e nelle fiere d’arte.
Nel mese di giugno del 1922, l’Assemblea dello stato federale tedesco della Turingia, che aveva prestato denaro ai promotori della Bauhaus, chiese alla scuola d’arte e design fondata da Walter Gropius, Le Corbusier, Frank Lloyd Wright, Alvar Aalto e Ludwig Mies van der Rohe nel 1919, una relazione sui progressi fatti fino al quel momento. In risposta, la Bauhaus non si limitò a una semplice relazione ma allestì nell’estate seguente (1923) la sua prima mostra aperta al pubblico. Per l’occasione maestri e studenti realizzarono venti cartoline da inviare a influenti personalità europee.
Dal set completo traspare l’approccio Bauhaus al design e ai principi estetici insegnati nella scuola, un approccio rivoluzionario per la sua influenza sull’architettura, le belle arti, l’ingegneria e il design.
La collezione presenta sia le opere dei grandi maestri della scuola come Paul Klee, Wassily Kandinsky e Lyonel Feininger, così come studenti meno noti come l’architetto ungherese Farkas Molnar e l’artista Dorte Helm, unica donna tra gli autori.
Sul retro della cartolina figura la scritta “State Bauhaus Weimar / exhibition of 1923 / end of July-September” e un numero da 1 a 20 con il nome dell’artista. L’inizio effettivo della mostra è stato solo il 15 agosto, quindi il testo è stato corretto con un timbro che riportava “Mostra dal 15 agosto al 30 settembre”. L’esposizione aveva come titolo “Arte e tecnologia, un nuovo connubio” e si svolse in un edificio in stile Art Nouveau in legno e muratura della ex Grand Ducal Academy, progettato da Henry van de Velde. Alla fine del 2008 la cartolina disegnata da Paul Klee, è andata all’asta per circa 20.000 euro. Il set di cartoline è stato recentemente acquisito dal MoMA di New York.
Design Playgroundè un viaggio nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea. Un racconto fatto di storie, di idee e di sogni.
Designcome “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.
Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo: “Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.
Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.
Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.
Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.
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