Memorie Urbane #8.
Pixel Pancho, Tono Cruz ed Elian

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Elian, Gaeta (2015) – © Foto di Flavia Fiengo

Sono passati più di quattro mesi dall’inizio del festival, più di 30 artisti, 8 città coinvolte e tanto colore ha riempito i nostri occhi in tutto questo tempo; ora Memorie Urbane si prende un piccolo break per poi tornare a settembre con le batterie cariche con nuovi artisti, nuovi muri e nuove mostre.
Prima di fare gli auguri di buone vacanze agli organizzatori, agli artisti e a tutto lo staff, vi lasciamo con questa ultima serie di lavori, realizzati ad Arce da Pixel Pancho e Tono Cruz, per poi finire nel golfo di Gaeta con l’ultima bomba realizzata da Elian.

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Pixel Pancho, Arce (2015) – © Foto di Dante Corsetti
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Pixel Pancho, Arce (2015) – © Foto di Dante Corsetti
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Pixel Pancho, Arce (2015) – © Foto di Dante Corsetti
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Pixel Pancho, Arce (2015) – © Foto di Dante Corsetti

Pixel Pancho
Un graditissimo ritorno quello di Pixel Pancho, street artist torinese e un po’ spagnolo di formazione, che vive tra l’Italia e l’estero. Writers e “vandalo” della prima ora, Pixel Pancho inizia a realizzare muri nel 2001, caratterizzati fin da subito dalla rappresentazione di entità di collegamento tra il mondo umano e quello dei robot. Una nuova umanità di metallo che richiama l’immaginario di un’intera generazione e si configura come una riflessione sull’esistenza da un inedito punto di vista.

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Tono Cruz, Arce (2015) – © Foto di Dante Corsetti
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Tono Cruz, Arce (2015) – © Foto di Dante Corsetti
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Tono Cruz, Arce (2015) – © Foto di Dante Corsetti
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Tono Cruz, Arce (2015) – © Foto di Dante Corsetti

Tono Cruz
Laureato in Pedagogia Sociale a Barcellona e autodidatta nell’arte, ha realizzato progetti in diverse latitudini, dall’Africa all’America del Sud, dall’Europa all’Asia, avendo però sempre come base l’Alto Casertano e le Isole Canarie. Il suo lavoro si concentra intorno al discorso sull’umana realtà, in tutte le sue sfaccettature.
I colori neutri fanno allusione a un mondo senza luce, senza stimoli, senza speranza; il bianco e il nero come testimonianza dell’attuale momento sociale d’incertezza totale. Le anomalie dei colori, che a volte appaiono nelle sue opere, funzionano come contrasto e richiamano alla speranza e al cambiamento. Attraverso immagini d’epoca e attuali, crea un mondo di denuncia, che racconta storie e incuriosisce lo spettatore, lasciando spazio e invitando, allo stesso tempo, a una continua doppia lettura della realtà.

L’immagine superiore del murale realizzato ad Arce si rifa alla memoria del murale di Taniperla.

“Taniperla, para todos todo”
Il murale di Taniperla, fu realizzato dalla comunitá zapatista di Taniperla (Chiapas, Messico) per celebrare l’inaugurazione del Municipio Autonomo Ricardo Flores Magón il 10 aprile 1998, giorno in cui si commemora la morte del capo rivoluzionario Emiliano Zapata (morto il 10 aprile 1919). Il giorno successivo, l’11 aprile, il posto fu preso dalle forze dell’Esercito messicano che distrussero il muro poiché raffigurante la felice vita quotidiana di una comunità zapatista. In segno di solidarietà con Taniperla, il dipinto fu riprodotto in molte parti del mondo.

Le donne raffigurate dal murale di Tono Cruz ad Arce sono proprio le autrici del murale messicano ritratte nel momento in cui i militari le portarono in galera. L’immagine inferiore, invece, fa allusione alla felicità di questo popolo che resiste e lotta senza sosta per la sua terra, senza sparare mai un solo colpo, utilizzando soltanto la forza della ragione. Come dicono gli zapatisti “Para todos todo”.

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Elian, Gaeta (2015) – © Foto di Flavia Fiengo
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Elian, Gaeta (2015) – © Foto di Flavia Fiengo
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Elian, Gaeta (2015) – © Foto di Flavia Fiengo
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Elian, Gaeta (2015) – © Foto di Flavia Fiengo
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Elian, Gaeta (2015) – © Foto di Flavia Fiengo
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Elian, Gaeta (2015) – © Foto di Flavia Fiengo
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Elian, Gaeta (2015) – © Foto di Flavia Fiengo

Elian Chali
Elian Chali, classe 1988, nasce e vive a Córdoba in Argentina. Ha realizzato muri per i più importanti festival internazionali.
Informale ma segnico, istintuale e geometrico, Elian compie una riuscita sintesi dei diversi linguaggi di derivazione coloristica e pop, riletti in una chiave originale e significativa. Artista giovane ma già “maestro” nella composizione, i suoi muri sono animati da una speciale carica esplosiva e aprono a scenari sempre portatori di nuove scoperte, rispondendo ad una specifica esigenza dello spirito: equilibrio e fantasia.

Design Playground è un viaggio nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea. Un racconto fatto di storie, di idee e di sogni.

Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.