Le autocromie di Mervyn O’Gorman

La prima tecnica popolare per lo sviluppo delle immagini a colori.

Mervyn O’Gorman (1871-1958), oltre ad essere conosciuto come uno dei più grandi ingegneri britannici e per essere stato a capo della Royal Aircraft Establishment a Farnborough durante la Prima Guerra Mondiale, è stato anche un pioniere della fotografia a colori. Tra le numerose immagini scattate, si distingue questa onirica serie di fotografie fatte nel 1913 (usando il procedimento di autocromia) a quella che in molti articoli risulta essere la figlia Christina (ma che come vedremo tra poco in realtà non è), e che è stata esposta dal marzo al giugno scorso nella mostra Drawn by light al National Media Museum di Bradford.

Quella dell’autocromia, brevettata nel 1903, fu la prima tecnica popolare per lo sviluppo delle immagini a colori e O’Gorman la sfruttò al meglio. Sia nelle immagini della spiaggia di Lulworth Cove sia in quelle del giardino di Rempstone Hall (entrambi nel Dorset in Inghilterra), Christina è ritratta prima con un costume e poi con una camicia di colore rosso, tonalità che il procedimento di autocromia catturava particolarmente bene.

L’atmosfera onirica e di mistero che avvolge questi scatti non è soltanto relativa all’ambientazione e alla tecnica usata, ma, come anticipato poche righe fa, anche all’identità della protagonista. Dopo aver trovato infatti numerose informazioni uguali a se stesse, mi sono imbattuta in un articolo pubblicato da Internazionale nel giungo scorso, grazie al quale sono finalmente venuta a conoscenza di quale fosse realmente l’identità di Christina. La photo editor Giovanna D’Ascenzi racconta infatti che già il 5 maggio scorso era uscito un articolo sul Daily Mail dove il curatore della mostra di Bradford, Colin Harding, dichiarava di nutrire “forti dubbi sul fatto che la ragazza fosse la figlia di O’Gorman perché nei registri anagrafici del 1911 l’ingegnere e la moglie Florence Rasch risultavano una coppia sposata senza figli”. Nonostante questo sullo stesso sito del National Media Museum le didascalie alle foto riportavano (e riportano tuttora) la dicitura “Christina, figlia di O’Gorman”.
Ma l’alone di mistero si è fortunatamente dissolto in fretta. Grazie alla risonanza mediatica infatti, il museo è stato successivamente contattato da Stephen Riddle, un tecnico di laboratorio in pensione, in possesso di alcune foto stereoscopiche firmate da O’Gorman, nelle quali appare nuovamente Christina insieme alla sorella sorella Anne e ai genitori, Edwyn e Daisy Bevan. Mistero risolto…la ragazza si chiama Christina Bevan (Harrow, 1897-1981), suo padre è un filosofo, studioso di religioni comparate e professore al King’s College di Londra, e vivono vicino agli O’Gorman. Si pensa quindi che le fotografie del Dorset siano state scattate durante una gita tra amici.

Dopo aver nutrito la mia curiosità con la vera storia di questi scatti e l’identità di Christina, ho preferito per un attimo mettere tutto da parte e riguardare queste immagini con la mente vuota e ignara. Mi sono ritrovata di fronte a una visione tanto moderna da accorciare l’enorme intervallo temporale che ci divide e farmi dimenticare per un istante che queste fotografie appartengono a più di cento anni fa.

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Christina sulla spiaggia di Lulworth Cove, Dorset (1913) – Mervin O’Gorman, Royal Photographic Society/National Media Museum
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Christina sulla spiaggia di Lulworth Cove, Dorset (1913) – Mervin O’Gorman, Royal Photographic Society/National Media Museum
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Christina sulla spiaggia di Lulworth Cove, Dorset (1913) – Mervin O’Gorman, Royal Photographic Society/National Media Museum
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Christina sulla spiaggia di Lulworth Cove, Dorset (1913) – Mervin O’Gorman, Royal Photographic Society/National Media Museum
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Christina nel giardino di Rempstone Hall, Dorset (1913) – Mervin O’Gorman, Royal Photographic Society/National Media Museum
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Christina nel giardino di Rempstone Hall, Dorset (1913) – Mervin O’Gorman, Royal Photographic Society/National Media Museum
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Christina nel giardino di Rempstone Hall, Dorset (1913) – Mervin O’Gorman, Royal Photographic Society/National Media Museum

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