Matrix, l’evoluzione del timbro del pane di Matera

Abbiamo già affrontato la progettazione del pane nell’articolo su “Materiale pane”, lo studio realizzato nel 2014 dagli studenti del primo anno dell’Università del Disegno Industriale di San Marino, riguardante le sue possibili forme e i relativi stampi. Sull’onda di questo processo di riacquisizione dei valori primari e delle tradizioni torniamo a parlare del pane e di come i designer oggi si inseriscono all’interno di questo ciclo produttivo. Questa volta centro d’attenzione è il tradizionale timbro del pane di Matera, tipico simbolo dell’arte pastorale della Murgia.

“Fino agli anni ’50 del ‘900 le massaie usavano impastare il pane in casa e consegnarlo ai garzoni dei forni degli antichi rioni della città, che si occupavano della cottura.
Dal momento che i forni erano per lo più pubblici o appartenenti alle famiglie benestanti, sorgeva quindi la necessità di distinguere le pagnotte delle diverse famiglie: per questo motivo l’impasto lievitato veniva timbrato prima della cottura.
I timbri erano commissionati ai pastori, che li realizzavano quando erano lontani dalle loro abitazioni e avevano del tempo libero da dedicare all’intaglio del legno: essi venivano infatti realizzati con rami trovati lungo il cammino, senza alcuna selezione del legno, e con particolare attenzione all’aspetto funzionale, più che a quello estetico.
Il timbro del pane era anche utilizzato come pegno d’amore, offerto dal pretendente alla donna amata, da lei conservato se consenziente, o restituito per respingere la richiesta di fidanzamento; veniva anche spezzato se si interrompeva burrascosamente un’intesa.
Il timbro del pane di Matera si compone essenzialmente di una parte superiore artistico-figurativa, che può rappresentare elementi sacri, figure umane, animali o simboli, in base all’estro artistico del pastore. Un manico collega la parte superiore alla base sulla cui estremità sono scolpite le iniziali del capofamiglia o l’effige della stessa”.

Il designer materano Tommaso Schiuma ha reinterpretato questo simbolo creando MATRIX, un oggetto essenziale che integra in sé il valore formale e funzionale dell’oggetto originale. Matrix è infatti un timbro formato da 16 listelli in legno mobili che permettono di comporre qualsiasi lettera dell’alfabeto o di creare nuovi simboli o pattern. Il manico è estensione del timbro, la sua forma è dinamica e varia in base alla lettera che si costruisce. Per capire meglio l’ideazione e la realizzazione di Matrix abbiamo scambiato due chiacchiere con Tommaso.

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Come è nata l’idea di reinterpretare un simbolo tipico dell’arte pastorale relativa al tuo territorio?
Vivendo in una città millenaria con una storia che si snoda lungo diecimila anni, dai primi insediamenti degli uomini primitivi, ho sentito il desiderio e quasi il dovere di raccontarne, in chiave contemporanea, radici e tradizioni attraverso i suoi simboli.
Il timbro per il pane, che un tempo aveva la funzione di imprimere un segno distintivo e di proprietà nella pasta del pane pronta per la cottura, oggi continua ad essere realizzato da abili artigiani come souvenir della città. Il suo valore simbolico continua ad essere forte per cui ho cominciato a studiarne la storia per cercare di raggiungere una sintesi.

Qual è l’evoluzione che ha subito il vecchio timbro del pane per diventare MATRIX?
L’ho ripulito da ogni decorazione e mi sono concentrato sulla sua funzione di matrice (Matrix, in latino matrice, ha la stessa radice di mater = madre, una delle più accreditate ipotesi sull’origine del nome Matera).
Essendo anche artigiano, mi sono preoccupato di come poter attribuire ad un unico oggetto la possibilità di creare tutto l’alfabeto evitando di intagliare ogni volta una lettera diversa.
Dopo aver pensato ai vari sistemi tecnologici utilizzati per costruire lettere e numeri (display a led), o per identificare i prodotti (codici a barre) mi sono soffermato sul sistema dei pixel, componenti elementari d’immagine.
Ho affidato a 16 quadrati il compito di comporre lettere e simboli. L’estensione di questa matrice ha dato origine al manico, reso ergonomico dalla sagomatura dei listelli esterni. Un componente a griglia rende solidali i singoli listelli. Il risultato è un timbro la cui forma nasce direttamente dalla funzione ma che ricorda la tipologia di timbri di ispirazione architettonica (torri, campanili, ecc.).

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Credi che la globalizzazione e lo stile di vita odierno fatto di attività perlopiù immateriali siano causa dell’attuale crescita di ricerca della tradizione e della riscoperta delle vecchie tecniche artigianali?
La riscoperta delle tradizioni può essere un valido antidoto all’appiattimento e all’omologazione delle culture e dei costumi, conseguenza inevitabile della globalizzazione. Inoltre la crisi economica degli ultimi anni ha spento i sogni di molti giovani spingendoli a rifugiarsi in quelle attività semplici come l’agricoltura e l’artigianato, che restituiscono, se non una piena soddisfazione economica, almeno una migliore qualità della vita.

Qual è secondo te il ruolo dell’artigiano oggi?
Il suo ruolo non è così diverso dal passato. Il mondo dell’artigiano è stato investito dalla tecnologia che ne sta rinnovando i contorni. L’artigiano contemporaneo ha il dovere di adattarsi ai cambiamenti per poter continuare ad essere portatore di storia e tradizione, e le botteghe luoghi di saperi e di culture.

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Design Playground è un viaggio nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea. Un racconto fatto di storie, di idee e di sogni.

Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.