Federica del Proposto, illustratrice

Nata a Roma nel 1978 e laureata in architettura, Federica Del Proposto inizia a disegnare fumetti proprio mentre prepara la tesi di laurea, nonostante la passione per il disegno la accompagnasse fin da bambina. Soltanto nel 2008 però inizia a intraprendere realmente la professione di illustratrice pubblicando una serie di racconti per Coconino Press, ma solo dal 2012 Federica decide di crederci fino in fondo. Da quel momento non ha più smesso di disegnare e oggi i suoi lavori sono ospitati tra le pagine della stampa europea e americana (Living Paris Magazine, The New York Times, Travel Magazine, Marie Claire, Chicago Magazine, Elle Paris, The Wall Street Journal ecc…). Federica vive e lavora tra Roma e Parigi e quella che vi abbiamo raccontato è la sua storia in breve. Da lei invece ci siamo fatti raccontare la versione più lunga.

“Sono nata a Roma, in una famiglia di infermieri e medici, ma sin da bambina mi sono interessata a tutt’altra attività: il disegno.
Disegnavo sempre. Disegnavo anche i giocattoli, perché era il modo più semplice per avere ogni cosa: se ne volevo uno nuovo bastava disegnarlo.

Nonostante questo non ho mai scelto di frequentare una scuola d’arte. Fino a pochissimo tempo fa non riuscivo a vedere come la mia passione potesse diventare un vero lavoro. A sedici anni ero parecchio ribelle e le scuole d’arte mi sembravano tutte troppo accademiche, vecchie, diciamo.
Non sapevo che esistessero nuove realtà come lo IED, quindi finito il liceo scientifico scelsi di frequentare Architettura.
Mi sono laureata alla Terza Università degli Studi di Roma con una tesi sul recupero contemporaneo delle fortificazioni militari dismesse, un 110/110 e lode parecchio sudato.

delproposto_designplayground_10
delproposto_designplayground_09

Durante gli anni dell’università per passatempo, ho iniziato a disegnare fumetti autobiografici in cui raccontavo della mia adolescenza e post-adolescenza travagliata, postandoli online sul mio blog, che attualmente non esiste più. “Fumettisottovuoto”, questo il nome del blog, ebbe un enorme successo e gli editori iniziarono a contattarmi quasi fin da subito.
Le mie primissime collaborazioni risalgono a quel periodo ed erano fumetti: ho pubblicato per Coconino Press, Coniglio Editore e ricevuto i primi riconoscimenti e premi.
Il fatto di essere un architetto, di non avere abbastanza tempo per disegnare, di essere autodidatta e anche il fatto di essere donna (in un ambiente, quello del fumetto, fino a poco tempo fa ancora parecchio maschile) erano cose che mi crucciavano molto, quindi decisi di lasciare perdere, di non pubblicare più nulla, di interrompere il blog e di sparire (artisticamente parlando) fino a data da destinarsi.

Ho ricominciato a disegnare circa tre anni fa a Parigi, dove nel frattempo mi ero trasferita per lavoro, vincitrice di una borsa di tirocinio dell’Ordine degli Architetti di Roma, subito dopo la laurea. Il giorno in cui ho ripreso la matita in mano ho capito che l’unico modo che avevo per fare quello che ho sempre voluto fare (ovvero passare le giornate intere a disegnare) era farlo diventare un lavoro.
Ho deciso quindi di focalizzarmi seriamente sul disegno, prendendo un anno di pausa dal mio lavoro di architetto, il massimo tempo possibile che le finanze mi permettevano. Se entro un anno non fossi riuscita a farla diventare un’attività retributiva sarei ritornata a lavorare in studio, abbandonando il disegno più o meno per sempre.

delproposto_designplayground_08

È stata illustrazione e non più fumetto, perché ho scoperto che illustrare mi divertiva ancora più che scrivere. Ho preparato un portfolio e l’ho inviato alle riviste francesi che immaginavo potessero essere interessate al mio stile; non erano troppo diffuse, con una tiratura medio-piccola. Sono partita dal basso. Tra le varie email inviate due mi risposero e ho iniziato quindi la mia nuova carriera di illustratrice.

I clienti più grandi sono seguiti prestissimo, consentendomi nel giro di un anno di portare a termine il piano, di farne cioè un’attività abbastanza retributiva da non avere bisogno di un secondo lavoro. Attualmente faccio quello che ho sempre voluto fare, cioè passo le mie giornate a disegnare, più o meno 15 ore su 24.

Tornassi indietro rifarei esattamente tutto allo stesso modo. Rifarei la Facoltà di Architettura soprattutto. Penso che la mia formazione di architetto abbia influito parecchio e positivamente nel mio stile. Se non fossi stata architetto non sarei l’illustratrice che sono oggi, quindi è andata benissimo così”.

delproposto_designplayground_07
delproposto_designplayground_16
delproposto_designplayground_02
delproposto_designplayground_03
Mise en page 1
delproposto_designplayground_05
delproposto_designplayground_06
delproposto_designplayground_11
delproposto_designplayground_12
delproposto_designplayground_14
XsmC943
delproposto_designplayground_17
delproposto_designplayground_18
delproposto_designplayground_01

Design Playground è un viaggio nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea. Un racconto fatto di storie, di idee e di sogni.

Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.