La Guinness ha una “nuova” arpa

Il restyling di un'icona del graphic design progettato da Design Bridge.

L’arpa della Guinness è icona inconfondibile, simbolo della famosa birra irlandese, affermato brand globale parte dal 1997 del gruppo Diageo

Arthur Guinness iniziò a produrre le sue birre nel 1759 a Dublino ma l’arpa fu adottata solo nel 1862. Nonostante le accurate operazioni di restyling che lo hanno reso distintivo e memorabileil marchio ha iniziato gradualmente nel corso degli anni a mancare di incisività e carattere perdendo la sua anima. La ricerca della sintesi che lo ha spogliato nel tempo di dettagli lo aveva reso infatti privo di qualsiasi elemento narrativo. La sfida dello studio di progettazione Design Bridge è stata quella di dare nuova vita all’arpa e lasciarla suonare ancora una volta facendo trapelare tutta la maestria e la ricchezza di conoscenze che hanno fatto grande la “birra nera”.

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La Guinness Storehouse è un edificio suggestivo, situato nel cuore di St James Gate Brewery, sede della Guinness, e fornisce la giusta ispirazione per raccontare la storia del marchio. È stato qui che i progettisti sono venuti a conoscenza di storie come la leggenda dell’arpa di Brian Boru, creata in onore del re irlandese che combatté contro l’invasione normanna nell’undicesimo secolo e divenuta nel 1922 simbolo dell’identità nazionale irlandese e ispirazione per la prima arpa Guinness.

Come racconta lo stesso Tim Vary, direttore creativo di Design Bridge, il nuovo design dell’arpa è stato influenzato dal ricco patrimonio iconografico del marchio e ogni elemento ha una sua storia da raccontare, come ad esempio il carattere tipografico usato per “Est.1759”, che risale alla scritta impressa sulle botti di rovere e ferro battuto stoccate nella Guinness Storehouse.

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“Per conferire nuovamente un senso di artigianalità all’arpa Guinness, abbiamo trascorso lungo tempo con i produttori di arpe Niebisch&Tree alla ricerca di quell’autenticità che desideravamo nel nostro nuovo design. Per dargli forma abbiamo lavorato a stretto contatto con il noto designer e illustratore Gerry Barney che non è estraneo alla Guinness, è sua infatti la versione dell’arpa del 1960.

Inoltre, la tipografia di Barney si evidenzia nel nuovo elemento denominativo, classicamente proporzionato, che si ispira alle prime inserzioni stampa di Guinness degli anni ’20 e ’30 realizzate da John Gilroy e alle prime etichette stampate a mano. Sullo strumento appaiono anche linee ondulate che rappresentano il fiume Liffey che attraversa Dublino (un dispositivo simile era stato utilizzato sulle prime etichette come misura anti-contraffazione). La collaborazione con gli specialisti in stampa letterpress New North Press, ha permesso la riproduzione fedele della tridimensionalità suddividendo il progetto in livelli e sovrapponendo diversi colori, texture e tecniche di stampa: inchiostri metallici, goffratura e stampa a caldo”.

La “nuova” arpa riacquista quindi dettagli significativi pur non utilizzando stilemi celtici che invece abbondavano nelle prime versioni del 1862 e 1955. Questo a sottolineare la globalità del brand: in Africa, uno dei più grandi mercati del bere, Guinness non è tradizionalmente vista come una bevanda irlandese.

“Non capita spesso che si arrivi alla ri-progettazione di uno dei marchi più famosi del mondo, per questo il progetto è stato seguito con grande passione ed è un brillante esempio della nostra filosofia creativa” continua Vary.
“La nuova arpa, seppur rappresenti una rivoluzione, è in sintonia con lo spirito del brand, una versione contemporanea del patrimonio del marchio. La nuova immagine può lavorare in qualsiasi circostanza, dalle birre artigianali in Europa alle edizioni limitate per l’Africa e, proprio come la Guinness in sé, trasmette la centralità dei maestri artigiani. Pensiamo che Arthur Guinness ne sarebbe orgoglioso”.

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Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.