“Segno Libero”

Ferro Piludu e il gruppo artigiano ricerche visive.

sl_1

“Imparare a comunicare liberamente vuol dire imparare a essere un po’ più liberi”
(dalla copertina della prima edizione di Segno libero, 1981).

A novembre Segno libero fa il suo ritorno in libreria per i tipi di elèuthera. La frase appena citata è la migliore introduzione non solo al manuale, ma anche all’opera di Ferro Piludu (1930-2011), grafico e illustratore capace di “pensare disegnando”, autore del libro insieme al Gruppo Artigiano Ricerche Visive, lo studio da lui fondato all’inizio degli anni Settanta.

Segno libero non è libro, ma piuttosto un cacciavite, un pennello, uno strumento per imparare a comunicare”. Ferro Piludu

Segno libero è anzitutto un manuale di basic-design capace di insegnare a tutti come analizzare, scomporre e rielaborare i messaggi da cui siamo bombardati ogni giorno, come costruire un layout, ma anche una guida pratica alle tecniche di stampa low-cost per l’autoproduzione di manifesti e pubblicazioni.

Segno libero è, come lo definisce l’autore, un non-libro: è più simile a un cacciavite o un pennello. È uno strumento pratico per chi ha cose da dire e storie da raccontare. Questa nuova edizione è ampliata da sedici pagine a colori in cui si racconta la vita e l’opera di questo grande maestro della grafica italiana, appassionato di volo e di jazz, che ci ricorda che “i segni sono mezzi e non fini. Che bisogna servirsi della grafica e non servire la grafica”.

“Pur avendo un grande talento, Piludu credeva più alle virtù della volontà che a quelle degli individui naturalmente dotati. O forse il suo talento era proprio la volontà. […] E soprattutto l’ammonimento che le tecniche sono solo uno strumento, non il fine del lavoro; l’unico scopo è avere un progetto importante. Bisogna vivere di progetti, amava ripetere, nella vita, nella politica e nelle cose che si fanno. Che poi in lui queste tre cose erano un tutt’uno. […] Segno libero insegna a uscire, ad alzarsi dalla scrivania, a guardare le cose in modo diverso. Perché fare fisicamente le cose è già pensare. Naturalmente sempre che ci interessi essere liberi. E che si abbia davvero una storia da raccontare.” (Riccardo Falcinelli, dal saggio critico introduttivo)

“Se c’è una lezione che ho imparato, avendo avuto il privilegio di curare questo volume, è che la grafica è qualche cosa che va anzitutto “fatta”. I computer ci hanno abituato all’idea che tutto è veloce e che niente ha un costo. La maggiore lentezza e la maggiore difficoltà dell’esecuzione a mano è qualcosa che dobbiamo riscoprire perché proprio questi limiti permettono di cogliere la vera necessità di un segno.” (Stefano Vittori, dall’introduzione della nuova edizione)

sl_2
sl_3
sl_4
sl_5
sl_6
sl_7

Ferruccio «Ferro» Piludu (1930-2011), grafico e illustratore, ha collaborato fin dagli anni Sessanta con: RAI, Televisione della Svizzera Italiana, Alitalia, Olivetti, Fiat, Pfizer, RCA, Vallardi, IASM, Unione Europea, Nazioni Unite e altre aziende e istituzioni pubbliche. Ha coordinato progetti di comunicazione partecipata in scuole primarie di varie Regioni italiane e in Svizzera, Colombia e Belgio. Ha realizzato titoli di testa, animazioni e filmati sperimentali tra cui l’iconico gabbiano della sigla «lunedifilm» per RAI 1, che ha segnato in modo indelebile l’immaginario di almeno tre generazioni di italiani. Il suo Gruppo Artigiano Ricerche Visive – fondato negli anni Settanta – è stato non solo per trent’anni un grande studio grafico di riferimento italiano, ma anche un attivo crocevia dell’allora vivace vita culturale romana. Alcuni suoi lavori sono stati presentati al Museum of Modern Art di New York, alla Triennale di Milano, all’Internationales Design Zentrum di Berlino e hanno ricevuto riconoscimenti nei principali festival cinematografici.

Riccardo Falcinelli (1973), grafico e teorico del design, ha progettato libri e collane per molti editori italiani tra cui Einaudi, minimum fax, Laterza ed elèuthera. Il suo ultimo libro è Critica portatile al visual design (Einaudi 2014).

Stefano Vittori (1983), curatore del volume, grafico e art director, si occupa di progetti di comunicazione per istituzioni e case editrici. Fa parte della redazione della rivista internazionale Progetto Grafico edita da Aiap.

Design Playground è un viaggio nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea. Un racconto fatto di storie, di idee e di sogni.

Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.