Fruit Exhibition #6

La sesta edizione del market internazionale dell’editoria d’arte indipendente di Bologna.

L’editoria indipendente è una produzione in continua crescita e Fruit Exhibition ne è la prova. Dopo il grande successo dello scorso anno, con oltre 7.000 visitatori, apre i battenti infatti la sesta edizione del market internazionale dell’editoria d’arte indipendente che raccoglie le più interessanti pubblicazioni cartacee e digitali – introvabili nelle librerie di catena – tra cui libri d’artista, cataloghi, progetti di graphic design, periodici e zines.
Da oggi, 2 febbraio, fino a domenica 4 febbraio 2018, Fruit Exhibition porterà nel cuore di Bologna, nei suggestivi spazi dell’antico Palazzo Re Enzo, una selezione di oltre 150 tra i migliori editori indipendenti italiani e stranieri, oltre a un programma di conferenze, workshop, mostre e installazioni.
Fruit Exhibition sarà aperto al pubblico e si svolge anche quest’anno in concomitanza con Arte Fiera e Art City.

BOLO. Paper poster stampato presso Tipografia Reali con pantone 506 fluo (2017)

Gli editori presenti, frutto di un’accurata selezione, contano anche una buona percentuale di presenze estere provenienti dall’Europa e da altri continenti, con realtà professionali riconosciute nei circuiti più prestigiosi di editoria d’arte indipendente. Per citare solo alcuni tra i partecipanti di questa edizione: Gram Publishing, un progetto editoriale tutto italiano strettamente legato all’arte visiva nelle sue declinazioni più underground che produce, pesa e impacchetta le sue pubblicazioni; Monorhetorik, il corposo e un po’ folle catalogo di pubblicazioni dell’artista e musicista olandese Matt Plezier; dall’Inghilterra, Ottographic, libri e poster serigrafati del designer e artista Otto Dettmer; e ancora le piccole e colorate pubblicazioni di Ruja press, duo basato in Olanda ovvero l’architetto Ruohong Wu e l’artista Jose Ja Ja Ja; ritornano anche le due prestigiose e sperimentali case editrici di fotografia, Rorhof e Witty Kiwi.

Ruja Press, Fartlek, Jose Ja Ja Ja. (2016)

Ogni anno inoltre il festival propone due focus d’attenzione su trend culturali specifici che per questa edizione in parte si sovrappongono sconfinando l’uno nell’altro: queer e fashion. La sezione dedicata alle pubblicazioni queer – Let’s Queer! – offrirà una panoramica internazionale di pubblicazioni di molteplici formati che mette in scena l’estetica della “differenza” rispetto all’orientamento strettamente eterosessuale o cisgender, una consapevole decostruzione delle rappresentazioni sociali definite come norma e un’analisi più ampia delle identità di genere attraverso la lente della propria performatività. Uno scenario caleidoscopico a tratti colorato e a tratti austero che dall’identità di genere ci conduce al secondo focus, dedicato alla moda.

Fashion Documents, a cura di Saul Marcadent introdurrà una selezione di riviste, libri e oggetti editoriali che utilizzano la lente della moda per osservare l’orizzonte contemporaneo. La sezione disporrà di uno spazio espositivo e di vendita appositamente allestito all’interno del market e sarà accompagnata da un programma di incontri con importanti attori dell’editoria di moda.

Copertina di “A Queer Culture Illustrated Guide” (Mariagloria Posani, 2017) e gli sticker

Attorno al prodotto editoriale, a volte punto di partenza e altre punto d’arrivo, Fruit presenta anche 6 mostre accomunate dalla volontà di dipingere nuovi mondi e riletture della realtà. Novità di questa edizione è l’intervento di alcuni degli artisti coinvolti che, in un programma di brevi visite guidate gratuite, condurranno il visitatore in un viaggio fra le opere esposte.

Per il programma completo vi rimandiamo al sito di Fruit Exhibition.

Fonte: ufficio stampa

Design Playground è un viaggio nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea. Un racconto fatto di storie, di idee e di sogni.

Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.