Partiamo da un fatto. La violenza contro le donne viene da lontano, è radicata nella disuguaglianza di genere e rappresenta un problema pubblico così come un ostacolo allo sviluppo socio-economico.
Questo fardello che tutti e tutte portiamo ha origine in un quotidiano comportamento discriminatorio che si traduce in azioni più o meno violente.
“Nonostante la parità di genere sia uno dei principi fondamentali della
Costituzione italiana e nonostante negli anni si siano succedute le
disposizioni normative e le iniziative concrete per rendere effettivo tale principio, permangono, all’interno del corpo sociale e nei diversi ambiti della vita quotidiana, forti elementi di discriminazione, che nei loro tratti più estremi ed arretrati arrivano alla misoginia e sfociano nella vera e propria violenza. E per violenza non si intende solo lo stupro o la violenza fisica, ma anche la violenza psicologica, fatta di insulti, intimidazioni, umiliazioni, minacce; e quella economica, esercitata da uomini che impediscono alla propria partner di avere autonomia di spesa, costringendola ad un’assoluta dipendenza”.
La sola cosa che possiamo fare è dare il buon esempio e reagire, poiché sono i maltrattamenti sui minori o l’esposizione alla violenza in famiglia, gli atteggiamenti che accettano la violenza e la disuguaglianza di genere che aumentano il rischio di perpetrare questa discriminazione e aggressività.
Abbiamo perciò deciso di parlare del progetto Respect-Stop Violence Against Women, realizzato dal Censis con il contributo del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che si è proposto di stimolare una riflessione collettiva sul valore sociale della donna per promuovere un cambiamento proprio in quei comportamenti che sono alla radice della discriminazione e della violenza di genere.
L’obiettivo è infatti quello di cambiare la cultura che è alla radice della violenza di genere, con un percorso che – a partire dal riconoscimento del valore sociale delle donne – svela, fa conoscere e rende consapevoli degli stereotipi e dei pregiudizi presenti e diffusi all’interno del corpo sociale. Si tratta di un’azione culturale decisiva e incisiva su beneficiari diversi per ottenere risultati concreti nella prevenzione della violenza.
Respect ha utilizzato linguaggi e metodologie diversi, da quelli della ricerca sociale, alla elaborazione statistica, alla fotografia, alla grafica per costruire una grande campagna di animazione, comunicazione e sensibilizzazione sul tema.
In questo post parleremo nello specifico della pubblicazione che ha sintetizzato tutto il progetto e accompagnato la mostra fotografica conclusiva «Un mondo senza donne», allestita dal 21 al 29 novembre scorsi nella Casa dei Diritti e delle Differenze di Genere “Carla Zappelli Verbano” del Terzo Municipio della Città di Roma.
La pubblicazione
Il catalogo non vuole essere solo uno strumento di consultazione e di sensibilizzazione, rappresenta anche uno dei veicoli di diffusione dei risultati del Progetto al grande pubblico, una sorta di mostra portatile costruita in forma modulare e scomponibile. Il volume si divide infatti in tre parti.
“Rspct” (“Respect”)
La prima documenta l’indagine realizzata dal Censis, “che ha avuto l’obiettivo di evidenziare il contributo che danno le donne nei diversi ambiti della vita quotidiana (dalla casa, alla famiglia, al lavoro..) e nelle diverse età della vita, di enucleare gli stereotipi e i comportamenti discriminatori presenti all’interno del corpo sociale, con particolare attenzione a quelli sommersi e poco compresi. I dati così rilevati sono stati integrati da un’analisi di materiale documentario e fonti dati esistenti, permettendo di costruire un giacimento statistico e informativo unico e un materiale di analisi e di riflessione sulle forme concrete in cui si esplicano gli stereotipi, i pregiudizi, i comportamenti
discriminatori.”
A corredo dell’indagine sociologica è stata realizzata un’indagine artistica,
che ha prodotto il content della mostra fotografica realizzata dal fotografo Alessandro Scotti e le altre due sezioni del catalogo.
“Bd’I” (“Bellezze d’Italia”)
Questa sezione contiene delle rielaborazioni di immagini pittoriche con lo scopo di rappresentare l’evoluzione delle relazioni uomo-donna e la percezione della femminilità nel corso dei secoli. Le scene pittoriche raffigurate sono ispirate all’episodio biblico di “Susanna e i vecchioni” tratto dal Libro di Daniele dell’Antico Testamento.
“Il testo narra delle molestie ai danni della giovane e bella Susanna da parte di due anziani giudici che minacciano di accusarla di adulterio se la donna non si concede loro. Di fronte al diniego, i due portano Susanna in tribunale e sarà l’intervento del profeta Daniele a scagionarla. L’episodio è stato rappresentato da moltissimi artisti italiani, da Tintoretto, al Guercino, ad Artemisia Gentileschi sino a Salvatore Fiume e Milo Manara. Il modo in cui viene rappresentato il tentativo di stupro è raccontato all’interno della mostra utilizzando la tecnica del collage e mostrando l’evolversi dei rapporti tra uomo e donna nel corso dei secoli”.
“Adm” (“Atlante della Misogenia”)
L’Atlante della Misoginia rappresenta la geografia della discriminazione culturale femminile italiana tradotta in mappa. Questa sezione infatti raccoglie un corpus di ortofoto dei venti capoluoghi di provincia italiani suddivise in tavole come in un atlante stradale. Ogni foto scattata dall’alto dei capoluoghi evidenzia le vie e le piazze intitolate a personaggi femminili e permette di osservarne la residualità della presenza. I toponimi femminili risultano essere pochissimi, quasi mai in posizione centrali e quasi sempre rivolti a figure di sante o reali.
Forma e contenuto della pubblicazione si intrecciano perfettamente grazie al progetto grafico dello Studio Tomo Tomo di Luca Pitoni e Davide Di Gennaro.
I due designer hanno immaginato il catalogo non in modo distinto dalla mostra, ma come un prolungamento della stessa. Un grande volume suddiviso, non solo concettualmente, ma anche visivamente in tre parti come fossero tre stanze espositive differenti ma parti di uno stesso percorso.
Raccontano i progettisti: “La rilegatura a spirale aiuta questo pensiero ad esprimersi concretamente tenendo insieme le tre parti senza costringerle in una rilegatura immobile e vincolante; consentendo inoltre al lettore di staccare facilmente le pagine dalla pubblicazione per appenderle al muro o estrapolarle per utilizzarle in altri contesti relativi alla discriminazione o alla diseguaglianza di genere.
Queste due indagini visive, sono state rilegate con una spirale metallica con il principale intento di rendere questo libro un semplice e economico strumento per la realizzazione di mostre sul tema della parità di genere. Prendendo due copie del libro e tagliandole con un taglierina vicino alla rilegatura ad anelli, si otterranno dei fogli sciolti che, seguendo le istruzioni in fondo al libro, possono essere affiancati per comporre delle tavole da appendere al muro. Nel caso dell’“Atlante della Misogenia” si otterranno venti grandi mappe delle città italiane, mentre nel caso di “Bellezza d’Italia” si potrà comporre una lunga striscia continua o tagliare i singoli personaggi e riarrangiarli in infinite combinazioni e relazioni.
Alcune scelte grafiche come i fondi bronzei e neri delle pagine, inoltre, rafforzano il contrasto tra la musealità delle opere e la crudezza della vicenda di violenza; dettagli che uniti a un carattere “semplice” come l’Union di Radim Pesko riportano ad oggi il contenuto pesantemente contemporaneo.
Volevamo usare un carattere “semplice”, che potesse funzionare bene con l’arte e anche con la grande quantità di mappe e piccoli dettagli nel libro. L’Union di Radim Peško si colloca da qualche parte tra Helvetica e Arial, un tipo di carattere neutro che funziona molto bene sia in dimensioni ridotte che in dimensioni maggiori, perfetto per questo tipo di progetto”.
Immagini Still life: Louis De Belle