Stranger project, Benoit Paille

Chiedere alle persone incontrate per caso, di potergli scattare una foto, interrompendo, per pochi instanti, la routine che la società di oggi ci impone.

Stranger Project è un’idea di Benoit Paille, giovane fotografo francese autodidatta, che raccoglie una serie di immagini realizzate fotografando sconosciuti incontrati per la strada.
Il suo approccio alla fotografia è quello di mettere in discussione il mondo moderno e cercare di rompere l’individualismo e l’anonimato della grande città. Attraversando “non luoghi”  (metropolitane, centri commerciali, strade affollate e in ore di punta) e chiedendo alle persone incontrate per caso, di potergli scattare una foto, interrompe, per pochi instanti, la routine che la società di oggi ci impone. Rende, così, reali questi “non-luoghi”, creando un evento che lo sconosciuto ricorderà.

“Stavo aspettando in coda nella mensa dell’università, quando la vidi il suo volto era incredibilmente perfetto per il mio stile di fotografia. Il giorno dopo le ho chiesto di diventare la mia modella, lei ha accettato”.

“Spesso mi capitava di camminare davanti a casa sua, sempre affascinato dal suo appartamento pieno di milioni di oggetti. Ho deciso di bussare alla sua porta, per incontrare l’uomo e il suo ambiente. Il suo nome è François,  67 anni, ha fatto la guerra del Vietnam nel 72. Ecco che entro nel suo mondo, ma allo stesso tempo lui entra in me. Ci sono riuscito, diventa il mio attore.”

Capitano della nuova caserma dei pompieri in boulevard St-Jean à Trois

“Uno sconosciuto che ho incontrato per strada tre mesi fa e che mi ha invitato ad andare nel suo appartamento. Sono tornato a mostrargli le prime immagini che gli avevo scattato. Ho portato il mio flash perché sapevo che lo avrei ancora fotografato. Ma non sapevo che mi avrebbe proposto di posare nudo per me: non so tutta la storia di quest’uomo, ma posso dirvi quello che so. Ha 53 e vive in un piccolo appartamento sulla mia strada. Nel 2006 morì sua madre, con cui aveva vissuto in questo appartamento. Dopo la sua morte rimase solo. Penso che abbia vissuto tutta la sua vita con la madre, così la sua morte per lui è stato un evento davvero tragico. Da quando vive da solo e non lavora, usa per vivere il denaro che ha ereditato. Alla ricerca di un appartamento più piccolo, perché è ora uno solo.”

Design Playground è un viaggio nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea. Un racconto fatto di storie, di idee e di sogni.

Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.