The Jazz Loft Project, Eugene Smith

Thelonious Monk e la sua orchestra, immortalati dal genio di Eugene Smith, provano nell’appartamento di Hall Overton, arrangiatore di cui Monk si era avvalso per la realizzazione del famoso album The Thelonious Monk Orchestra At Town Hall, che avrebbe registrato nel febbraio del 1959.

Tutto ebbe inizio quando Eugene Smith, uno dei più grandi fotoreporter americani della metà del Novecento e assiduo collaboratore della rivista Life, decise di trasferirsi nella sua nuova casa al numero 821 della Sixth Avenue, nel cuore di Manhattan. Chiuse i ponti con la sua famiglia e con il suo lavoro precedente per ritirarsi in un palazzo fatiscente, nel Flower District di New York, da solo e con una precaria situazione economica.

“Il Castello del regno del caos” lo definiva lui, ma quell’edificio si fece conoscere come “The jazz loft”. Il fabbricato era infatti polo d’attrazione dei più grandi musicisti jazz dell’epoca tanto che in quegli anni vi si trasferirono Hall Overton e Dick Cary e vi passarono circa 300 musicisti tra i quali: Thelonious Monk, Charles Mingus, Ornette Coleman, Bill Evans, Charlie Haden, Don Cherry, Chick Corea, Sonny Rollins e Sonny Clark.
La notte, dopo aver suonato nei club, i musicisti tenevano jam session negli appartamenti che si protraevano fino all’alba. In mezzo a loro Eugene Smith si aggirava sempre con la macchina al collo, pronto a immortalare ogni singolo momento.

Sono circa 40 mila le fotografie scatatte in otto anni, dal 1957 al 1965: tra immagini notturne musicali e istantanee delle strade del quartiere, prese dalla finestra del suo appartamento al quarto piano. E negli stessi anni registrò, con un sistema di cablaggio sofisticato, anche 4 mila ore di nastri mono e stereo.

La mostra
Tutti questi documenti sono restati nascosti fino a quando Sam Stephenson, curatore della Duke University, nel 2010 ha presentato una mostra multimediale alla New York Public Library for the Performing Arts dal titolo «The Jazz Loft Project», che ora fa tappa al Museum of Photographic Arts di San Diego, fino al 7 ottobre 2012.
La mostra, itinerante e musicale, continua a far suonare alcune delle 40 mila foto scattate tra il 1957 e il 1965 da un uomo distrutto, con una gran passione per la musica e un talento ancora più grande per la fotografia.
Le fotografie sono raccolte nel catalogo della mostra “The Jazz Loft Project: Photographs and Tapes of W. Eugene Smith from 821 Sixth Avenue, 1957-1965

Thelonious Monk e la sua orchestra, immortalati dal genio di Eugene Smith, provano nell’appartamento di Hall Overton, arrangiatore di cui Monk si era avvalso per la realizzazione del famoso album The Thelonious Monk Orchestra At Town Hall, che avrebbe registrato nel febbraio del 1959.

Courtesy of the W. Eugene Smith Archive at the Center for Creative Photography, The University of Arizona. © The Heirs of W. Eugene Smith

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Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

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