Tiksi , la Siberia di Evgenia Arbugaeva

Evgenia Arbugaeva, classe 1985, è nata e cresciuta a Tiksi, una cittadina della Russia siberiana Settentrionale (Sacha-Jacuzia). All’età di otto anni, dopo il collasso dell’Unione Sovietica, si sposta con i genitori a Yakutsk, nel nord est della Siberia, capoluogo della Sacha-Jacuzia dove trascorre parte della sua infanzia e l’adolescenza.
Evgenia segue gli studi di ingegneria culturale presso l’Università Internazionale di Mosca e consegue una laurea in fotogiornalismo presso l’International Center of Photography di New York. Oggi si divide tra New York e la Russia.

Nel 2011 decide di tornare nella sua cittadina di origine per raccontare i ricordi della sua infanzia e da qui nasce il progetto Tiksi (2011-2013) che le ha fatto vincere diversi premi tra cui tra cui il Magnum Foundation Emergency Fund e un importante premio proposto da Leica, il Leica Oskar Barnack Award 2013.

© Evgenia Arbugaeva, Tiksi
© Evgenia Arbugaeva, Tiksi
© Evgenia Arbugaeva, Tiksi
© Evgenia Arbugaeva, Tiksi
© Evgenia Arbugaeva, Tiksi
© Evgenia Arbugaeva, Tiksi

La Sacha-Jacuzia è una repubblica autonoma della Russia, situata nella Siberia orientale. Più grande dell’Argentina e leggermente più piccola dell’India, questa zona si estende per circa 3.000.000 di chilometri quadrati e conta poco meno di un milione di abitanti. Si tratta di un regione polare, una terra di lunghi giorni e lunghe notti con bufere di neve infinite che mascherano completamente l’orizzonte e impediscono di distinguere il cielo dalla terra.

Le immagini di Evgenia ritraggono con naturalezza questi paesaggi gelidi rimasti immutati da anni, animati da pochi personaggi che sembrano perdersi in mezzo ad ambienti bianchi e sterminati. Alle fotografie dei luoghi l’artista mescola i suoi ricordi e alcuni momenti frutto della sua fantasia. Come le immagini di Tania, una bambina di 13 anni nella quale in un certo modo rivede se stessa e attraverso la quale racconta il mondo fanciullesco di quando si trovava a lottare contro il freddo e la solitudine. Non mancano alcune citazioni tra le quali il cappello rosso con cui è ritratta Tania, identico a quello del suo amatissimo esploratore Jacques-Yves Cousteau.

© Evgenia Arbugaeva, Tiksi
© Evgenia Arbugaeva, Tiksi
© Evgenia Arbugaeva, Tiksi
© Evgenia Arbugaeva, Tiksi

Design Playground è un viaggio nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea. Un racconto fatto di storie, di idee e di sogni.

Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.