Quando il direttore David Remnick chiese mesi fa a Françoise Mouly, art director del settimanale The New Yorker, di pensare come celebrare il novantesimo anniversario della rivista, la Mouly sapeva certamente da dove cominciare: con la copertina del primo numero, quella del febbraio del 1925, voluta dal direttore artistico dell’epoca Rea Irvin. Quell’immagine di un “inamidato gentiluomo con la tuba e il monocolo” stabilì così efficacemente il tono della rivista che è stata pubblicata, quasi immutata, ogni febbraio fino al 1994. “Più tardi, questo celebre dandy soprannominato Eustace Tilley, ” – racconta Françoise Mouly – “è stato parodiato, sovvertito o decostruito sulla maggior parte delle nostre copertine-anniversario, sia con contributi dei nostri artisti o con quelli dei lettori che hanno partecipato tramite concorsi”.
Per celebrare il nostro novantesimo anno, ci siamo rivolti, come facciamo ogni settimana, ai nostri artisti e questa volta abbiamo deciso di pubblicare più di una copertina. Ne abbiamo scelte nove selezionando le immagini che riflettono il talento e la diversità dei nostri collaboratori e la grande varietà di media artistici che utilizzano: pittura a olio per Kadir Nelson e Anita Kunz; penna e inchiostro con acquerello per Roz Chast, Barry Blitt, e Istvan Banyai; pastello ad olio per Lorenzo Mattotti; collage per Peter Mendelsund; e l’arte digitale per Christoph Niemann. Alcuni di questi artisti sono abituali, questa è l’ottantottesima copertina del New Yorker di Barry Blitt e la trentesima di Lorenzo Mattotti. Altri sono nuovi arrivati. Ognuno porta Eustace Tilley esattamente nel XXI secolo dimostrando che l’arte è viva sulla copertina della rivista oggi come lo era nel 1925.