Ci siamo fatti raccontare la nuova pubblicazione edita da Else Edizioni dal titolo Famiglie, un libro illustrato dalla francese Marjana Farkas che racconta le storie di donne e di uomini alla ricerca della propria identità, storie di legami, di forti affetti e di dolore, di segreti e bugie, di vicinanza e amicizia, storie di famiglie che sopravvivono e resistono. In libreria da dicembre 2015.
Famiglie è un racconto corale composto da diciannove storie raccolte in due scuole di italiano e un laboratorio serigrafico, luoghi dove si cerca di incontrare uomini e donne di origine straniera al di fuori degli schemi istituzionali e mediatici che descrivono e cercano di governare la vita degli immigrati. Contesti di narrazione che abbiamo costruito non contro, ma nell’indifferenza delle categorie xenofobe (il clandestino), sociologiche (il migrante) o filantropiche (il profugo) nelle quali solitamente costringiamo un’ampia fetta di uomini e donne che arrivano in Italia da ogni angolo del mondo.
A ognuna delle persone che ha partecipato al racconto e alla scrittura di Famiglie abbiamo chiesto di chiudere gli occhi e scattare una fotografia della propria famiglia. Il ritratto scaturito serviva a portare in primo piano alcuni componenti della famiglia, quelli che hanno maggiormente segnato la formazione e, forse, il carattere del narratore, non per forza i più amati. Ma la staticità di questa fotografia prendeva immediatamente vita nelle mille figure, nei mille ricordi, nelle mille situazioni che andavano componendo ritratti a volte epici, a volte minimalisti della propria storia familiare. Da questi ritratti compositi e articolati abbiamo infine sagomato insieme figure o scene che possedevano una loro compiutezza, una loro intrinseca forza espressiva, quelle che inevitabilmente avevano, nel bene e nel male, segnato la propria vita.
Voci diversissime, come diversissime sono le esperienze di vita e di immigrazione raccontate, di volta in volta drammatiche, grottesche, avventurose, intime, comiche. Una coralità affidata alle serigrafie di Mirjana Farkas che ha saputo leggere le storie portando alla luce le relazioni forti, decisive, persistenti che affioravano dal dipanarsi del racconto.
“Famiglie non nasce come indagine antropologica o come inchiesta sociale. Non si cerchi di trarne insegnamenti generali sulle diverse culture, pur marcatissime, dei narratori e nemmeno sul rapporto tra le loro storie e la storia, sempre incombente, del loro paese. Il Vietnam, la rivoluzione khomeinista, la decolonizzazione africana e i conflitti che ha lasciato in eredità, la guerra balcanica e quella medio orientale, i regimi comunisti dell’est europeo, la rivolta nella Libia di Gheddafi e le dittature militari: tutti quadri politici ben presenti che da soli però non spiegano nessuna delle scelte che si trovano a compiere i protagonisti di queste storie.
La famiglia non è mai stata solo un caldo “rifugio in un mondo senza cuore”. E molte delle storie raccolte lo confermano. Matrimoni imposti, vendette, abbandoni, sottomissione a convenzioni ipocrite: a ogni latitudine e in ogni epoca le relazioni familiari sono definite da amore e potere, combinazione complicata, generatrice di partenze e slanci vitali come di costrizioni, violenze e frustrazioni.
È vero però che fino a un certo punto la socializzazione di cui la famiglia si rendeva artefice manteneva un margine di “dissidenza”. Oggi l’educazione, e quella familiare non fa più eccezione, è lentamente, ma inesorabilmente declinata dalla funzione di accompagnare un individuo sulla soglia di una cultura, a quella di adattarlo a un sistema sociale.
Nelle loro peripezie, rotture e ritrovamenti, nel loro superare confini, nel diventare anche altro dei loro protagonisti, nei ritorni a volte impossibili, nel riallacciare i fili attraverso i ricordi, nel ritrovare pace e affetto per quello che si è lasciato, le storie di Famiglie forse testimoniano ancora quel margine, fondamentale, per lottare e ribellarsi, per accettare una parte della cultura ereditata, rifiutarne un’altra, “produrne” una terza, diventare saltatori di muri.
Le storie di Famiglie ci restituiscono in modo intimo e personale, profondo, ciò che viene prima del viaggio, prima della frontiera, prima dell’essere qui e del diventare stranieri. Un prima irriducibile alle etichette di profughi o clandestini, ma pienamente dentro a quella incertezza e vulnerabilità del divenire umano in un certo ordine e disordine del mondo, dentro la violenza del mondo, che vale come richiamo a sentirci parte di un noi”.