Antarctica, René Koster

Un viaggio di nostalgia, per il tempo andato. Una saga eroica, piena di stenti e di avventura, in un infinita terra sterile.

Ispirato dalle grandi spedizioni dei primi anni del 1900, il fotografo René Koster ha realizzato una serie di immagini sul Polo Sud viaggiando a bordo di un veliero costruito nel 1911. Le sue fotografie, oltre a catturare il senso di isolamento e sconfinatezza della regione ghiacciata, evocano tempi andati come cartoline del passato provenienti da zone inesplorate; immagini a colori di un mondo ancora in bianco e nero, dove lo strumento moderno della macchina fotografica colma il vuoto temporale tra noi e le storie d’avventura tra i ghiacci di cento anni fa. Piuttosto che utilizzare tecniche che avrebbero fatto sembrare le immagini delle vecchie fotografie infatti, il tuffo nel passato di Koster passa invece attraverso l’approccio al viaggio: con un “passo” lento e inesorabile, in totale balìa del paesaggio, alla ricerca di un’antica bellezza tra il vuoto e il freddo.

Le immagini di navi congelate intrappolate nei mari di ghiaccio attraversano la mia mente. Affascinato dalle loro storie ho voluto ripercorrere un viaggio come quelli delle spedizioni dei primi anni del Novecento. Un viaggio di nostalgia, per il tempo andato. Una saga eroica, piena di stenti e di avventura, in un infinita terra sterile.

Questa serie di fotografie, scattate con attrezzature moderne, è un riferimento al passato. Personalmente non sento alcun bisogno di dare la sensazione che le fotografie siano state scattate con tecniche dei primi anni del 1900. Questo è il motivo per cui ho volutamente scelto di lavorare a colori, permettendo alle sfumature di grigio del paesaggio di enfatizzare l’azzurro catturato nel ghiaccio. Nella mia ricerca, ho cercato di evitare il maggior numero di elementi relativi al presente, oggetti che avrebbero riportato al giorno d’oggi, alla vita di tutti i giorni.

Tutte le immagini © René Koster

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Design Playground è un viaggio nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea. Un racconto fatto di storie, di idee e di sogni.

Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.