“Loving Vincent”. Il film che dà vita ai quadri di Van Gogh

Vincent Van Gogh continua ad essere grande fonte di ispirazione e, dopo avervi raccontato del libro illustrato da Barbara Stok che ne racconta la vita, è la volta del cinema con “Loving Vincent” il primo lungometraggio animato che vede rivivere il pittore olandese attraverso i suoi quadri, riproducendo ogni singolo fotogramma con il suo inconfondibile stile pittorico.

Diretto dalla pittrice e regista polacca Dorota Kobiela e Hugh Welchman (premio Oscar per la produzione di “Pierino e il lupo”), il film è prodotto da Breakthru Films (fondato dallo stesso Welchman) e Trademarks Films.

Oltre 100 pittori hanno contribuito fino ad ora alla realizzazione dei fotogrammi di questo ambizioso lungometraggio ancora in fase di realizzazione presso la sede di Breakthru Films a Danzica in Polonia.

C’è ancora spazio nel team di progettazione: sarà sufficiente inviare il portfolio di dipinti ad olio che verrà valutato dai supervisori dello studio. Solo i candidati con competenze idonee verranno invitati ad effettuare un’audizione di tre giorni durante la quale si dovrà dipingere e animare una scena cono lo scopo di capire se si dispone di attitudine per questo singolare progetto. Gli artisti che avranno superato questo test saranno invitati a partecipare a un corso di formazione intensivo della durata di 180 ore (tre settimane) che servirà per acquisire la tecnica usata da Van Gogh, apprendere l’intero processo di animazione basato sul sistema PAWS (Painting Animation Work Stations) e come utilizzare il software stop-frame Dragon.

Conclusa questa ultima fase di formazione verranno valutate le abilità degli artisti candidati che, dopo un’ultima selezione, saranno immediatamente invitati ad unirsi al team per gli ultimi 6 mesi di produzione per diventare parte della storia del cinema di animazione.

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Design Playground è un viaggio nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea. Un racconto fatto di storie, di idee e di sogni.

Design come “progettazione di un artefatto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”.

Siamo partiti proprio da qui, dal termine design. Una parola che, come spesso accade con i termini di cui si abusa, ha perso il suo significato originale. O meglio, siamo noi che lo abbiamo perso di vista. Il design non è lusso, il design è creatività ma soprattutto, ricerca e progetto, è saper ascoltare e capire le necessità. Con le parole di Enzo Mari tratte da 21 modi per piantare un chiodo“Credo che il design abbia significato se comunica conoscenza”.

Quello che ci prefiggiamo è raccontare quel design che comunica appunto la storia e le conoscenze che hanno permesso di arrivare alla sua sintesi. Tutto questo in uno spazio aperto a tutti, un playground, dove sia centrale la voglia di conoscere, approfondire e cercare spunti di riflessione.


Massimo Vignelli ha affermato: «Il design è uno – non sono tanti differenti. La disciplina del design è unica e può essere applicata a molti ambiti differenti». E ancora Ettore Sottsass “il design è un modo per discutere di società, politica, erotismo, cibo e persino di design. Alla fine, è un modo per costruire una possibile utopia figurativa o una metafora della vita”.

Design Playground attraversa i differenti ambiti della progettazione trattandoli come parte di un unicum che li comprende tutti: dalla grafica alla fotografia, dall’illustrazione al video, dall’industrial design all’arte.