In occasione dell’uscita del libro 100 chevaliers au secours de la princesse per la casa editrice francese Éditions Amaterra, abbiamo intervistato la pittrice e illustratrice romana Camilla Falsini che ha interamente scritto e illustrato questa piccola pubblicazione interattiva.
C’è qualcosa che ti ha spinto a voler diventare illustratrice?
Sicuramente un insieme di cose: ho sempre disegnato e amato i libri illustrati, sono cresciuta con i libri di Rodari, illustrati magari da Bruno Munari; i miei genitori mi compravano L’illustrazione dei Piccoli, con Kamillo Kromo di Altan, Mordillo, ecc… Nell’illustrazione vedo una professione in cui l’arte è applicata e fruibile da molti.
Al momento mi divido tra questo lavoro e la pittura, per cui alterno lavori su commissione per agenzie, riviste o (spero sempre di più) libri, alla preparazione di mostre personali, oppure parto per dipingere un muro in giro per l’Italia (non tanto quanto vorrei, purtroppo, ma avendo un figlio piccolo non è facile lasciare tutto e partire).
Come descriveresti il tuo approccio alla pittura e all’illustrazione?
Mi approccio a entrambe in modo abbastanza simile. Nell’illustrazione, cerco di essere più libera possibile, come nei dipinti appunto, ma ovviamente ci sono più limiti, a volte dettati dal cliente, a volte dall’esigenza di comunicare qualcosa in modo semplice, mentre in un dipinto quello che interessa è stimolare una suggestione che ognuno vive in modo diverso e con massima libertà interpretativa. Ovviamente in un libro concepito, scritto e illustrato da me la libertà è massima!
Quali sono i materiali e gli strumenti con i quali ami di più lavorare?
Come illustratrice ormai uso solo il computer, come pittrice amo dipingere su legno molto più che su carta o su tela.
È appena uscito un libro interamente scritto e illustrato da te per la casa editrice francese Amaterra. Ce ne parli?
È il primo libro interamente concepito, scritto e illustrato da me, (a parte il libro Maschere del 2001 fatto insieme a Susanna Campana) dopo alcuni libri fatti solo da illustratrice e dopo qualche anno in cui mi sono dedicata ad altro. Per cui è per me un libro molto importante! In più, il tema è quello dei cavalieri medievali, cioè uno dei miei argomenti preferiti.
C’è una piccola e breve introduzione narrativa, ma la parte principale del libro è composta da 14 personaggi a cavallo (o su altri animali buffi) su pagine tagliate a metà orizzontalmente, per cui da questi 14 cavalieri sarà possibile farne quasi 100! Anche i nomi si mischiano creando ogni volta un nuovo nome. È una tipologia di libro che già esiste e che in francese si chiama Melì-melò e in inglese Mix-match. In italiano non ha nome. Il concetto di mischiare i personaggi nelle loro parti richiama il gioco dei “Cadaveri squisiti” dei dadaisti.
L’editore mi ha lasciato molta libertà! Oltretutto, per me è stato doppiamente bello fare questo libro per Amaterra: una casa editrice di Lione, non grande ma che pubblica più di 20 libri l’anno originali (non tradotti quindi da altre case editrici), che sono molti! Prediligono libri molto curati dal punto di vista dell’immagine, belli ed originali. Ad esempio tutta la serie di libri di Hector Dexet.
L’uso dei colori ha sicuramente un ruolo da protagonista nei tuoi disegni. Secondo Kandinskij “il colore è un mezzo di esercitare sull’anima un’influenza diretta.” Ci sono dei colori che privilegi perché pensi esercitino una qualche influenza su di te o su chi guarda?
Ci sono sicuramente dei colori che prediligo ma non tanto per una influenza sugli altri quanto, credo, su me stessa! Quello che voglio dire è che l’uso e la scelta dei colori sono molto intuitivi e personali: ad esempio ci sono dei colori che uso sempre (rosso, turchese-verde, giallo, blu) e altri che non uso mai o pochissimo (rosa-violetto spento o bordeaux, ad esempio) ma non so il perché! Mi dicono qualcosa, mi suggeriscono ricordi… non a caso sono i colori accesi dei libri con i quali sono cresciuta e sono i colori dei quali mi circondo anche a casa, e nel vestiario (le rare volte che non vesto di nero). Aborro i colori pastello.
Ti sei cimentata più volte anche con la street art. Dove possiamo trovare i tuoi lavori?
I primissimi lavori li ho fatti a Roma ai tempi del collettivo Serpeinseno di cui facevo parte, e la cosa buffa è che un muro di quasi 10 anni fa è ancora intatto oggi, a parte il muschio! È in via Galeazzo Alessi. A Roma ci sono anche piccole cose al Pigneto, dove ho il mio studio, e un muro al Quadraro nuovo, a largo Spartaco. Quello fatto al Quadraro vecchio per il Museo Urban di Roma è stato coperto dopo poche settimane… Da sola invece ho fatto muri ad Ancona per il Festival Pop Up, a Civitanova Marche, ad Itri per ArteInAttesa, e poi a Ravenna e a Monza. Tra giugno e luglio ne farò uno a S.Benedetto del Tronto per il MAM e uno a S. Croce di Magliano per il Premio Giordano per la Street Art.
C’è una iconografia di riferimento alla quale ti senti di essere vicina o che pensi ti abbia influenzato?
Sicuramente. Spesso mi dicono che nelle mie opere vedono Depero. Amo moltissimo anche Malevich, Picasso, i collages di Matisse, amo la stilizzazione della figura…
Allo stesso modo penso di essere stata influenzata dall’arte bizantina, con le sue figure frontali, piatte. Amo Munari, in particolare un libro che avevo (e ho ancora) da piccola, in cui illustrò un romanzo di Gianni Rodari usando solo i colori rosso, verde e nero e forme stilizzatissime ed astratte.
Ami molto lavorare per l’infanzia. Perché?
Forse perché il mio stile si presta molto, è molto immediato ma, spero, non scontato. Mi piace non raccontare troppo con i dettagli, lasciare che le forme stimolino l’immaginazione dei bambini (è lo stesso discorso per cui dei cubi di legno per costruzioni stimolano molto più la creatività rispetto ad un gioco molto strutturato, non so, un’astronave spaziale riprodotta nei minimi dettagli, che può essere solo… un’ astronave spaziale!). Pensiamo a libri per bambini di astrattismo estremo, come Piccolo Blu e Piccolo Giallo, che è uno dei libri più amati da 50 anni a questa parte.
Di solito creo immagini piene di elementi, ma sempre molto stilizzati, basici, a volte simbolici. Nelle mie illustrazioni le proporzioni tra oggetti sono totalmente irreali, la prospettiva non esiste e i personaggi hanno sempre molto spazio rispetto all’ambiente. Un po’ come succedeva nell’arte egizia!
Mi è capitato di sentirmi dire che alcune mie cose “spaventano” i bambini! Il che è surreale, soprattutto alla luce della strada che ha preso ormai da decenni l’illustrazione “per bambini” che per fortuna non deve essere “rassicurante”. Studiare o leggere le fiabe, ad esempio, ci fa capire che invece un po’ di “paura” seguita da un lieto fine è ciò che stimola la crescita: lo scrisse un grande pedagogista come Bruno Bettelheim, che analizzò il significato psicologico della fiaba. Basta leggere i Grimm ma anche Perrault con Barbablù ad esempio, magari con le illustrazioni di Gustave Dorè!
Per un murale fatto a Monza sulla parete esterna del Nido Comunale, avevo proposto un bozzetto che era un mio omaggio alla teoria dell’evoluzione, con un omino nudo in mezzo ad alcuni enormi animali di varie specie, il titolo sarebbe stato “Siamo animali”. L’hanno bocciato perché gli animali avrebbero spaventato i bambini e hanno voluto una delle mie città medievali, colorata, bella, ma… molto meno divertente! Io penso che i bambini avrebbero scelto gli “animaloni”!
Quali altre passioni arricchiscono la tua vita?
Il lavoro è la mia passione principale, ma ci sono altre cose che mi appassionano molto: gli animali, dal punto di vista etologico, (anche perché ho una casa piccolina che condivido con il mio compagno e mio figlio di 3 anni, per cui non possiamo permetterci neanche una tartaruga), e la lettura.
C’è una domanda alla quale avresti voluto rispondere e non ti abbiamo fatto?
Mmmm…forse riprendendo la domanda precedente: “Cosa avresti voluto fare nella vita se non avessi avuto la passione del disegno?” Rispondo? L’etologa.