Quando ho acquistato il libro La via del disegno brutto, edito da Terre di Mezzo Editore, ho iniziato prima a sfogliarlo, quasi da una certa distanza per non sgualcirlo. Il mio occhio è caduto subito su una pagina in particolare, nella quale l’autore, Alessandro Bonaccorsi, chiedeva di disegnare tutte le forme di albero che conosciamo. Tempo di ragionare un attimo, per rendermi conto che me ne venivamo in mente soltanto quattro o cinque. Come è possibile che io non ricordi le forme degli alberi?
Appena ho potuto sono uscita, ho fatto una lunga passeggiata e oltre agli alberi ho soffermato lo sguardo su tutto ciò che mi circondava. Era così tanto tempo che, presa dalla routine quotidiana, non mi guardavo realmente attorno?
Quando un libro riesce a smuoverti, farti alzare, sbloccarti o togliere il freno a mano, vuol dire che di quel libro avevi davvero bisogno. Alessandro Bonaccorsi con La via del disegno brutto infatti da una parte ci lancia bonariamente una sfida, dall’altra ci fa un grande favore. D’altronde quasi sempre superare i propri limiti significa crescere e conoscersi un po’ di più.
Anche La via del disegno brutto è frutto di un percorso, quello che l’autore stesso ha dovuto compiere per andare oltre le proprie barriere emotive.
“Dopo anni di incapacità nel disegnare ritratti, cavalli, biciclette, righe dritte e cose sensate, ho deciso di mettere insieme quel che so e quel poco che so fare per rieducare le persone a disegnare” Alessandro Bonaccorsi
Più di due anni fa Alessandro, da illustratore a volte in crisi e insoddisfatto del proprio lavoro, ha iniziato ad approfondire l’importanza del disegno, anche per tutti coloro che dicono di non saper disegnare e il perché ad un certo punto della nostra vita smettiamo di farlo. Da queste riflessioni nasce il corso di disegno brutto che da marzo 2017 l’autore ha proposto ben 70 volte in tutta Italia coinvolgendo più di 1000 persone. Inoltre per venire incontro alle esigenze di aziende, formatori, professionisti ha creato un corso specifico che fornisce strumenti di supporto al pensiero visivo attraverso l’approccio del Disegno Brutto: il workshop di Visual Thinking.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Alessandro per farci raccontare il perché e il come nasce questo libro e l’importanza del disegno nella vita e nel lavoro. Sperando che voi non disegnatori torniate a disegnare, qualunque sia il risultato.
Perché crescendo smettiamo di disegnare? E perché è importante tornare a farlo?
Ci sono vari motivi, ma quello che più cerco di combattere con i miei corsi di Disegno Brutto è che il disegno sia soltanto un fatto artistico oppure un’attività da bambini, per lo più inutile agli adulti.
Smettiamo principalmente perché ci riteniamo incapaci di farlo e il nostro approccio al disegno è basato sui pochi insegnamenti che ci dà la scuola. La maggior parte delle persone smette di disegnare tra gli 11 e i 18 anni, durante le scuole medie e superiori.
In che modo la costruzione di un proprio linguaggio visivo, seppur brutto, può aiutare lo sviluppo di idee e più in generale il miglioramento dell’approccio al lavoro?
Disegnare fa bene, come fa bene scrivere a mano: è un’attività che ci permette di allenare e sviluppare pensieri e competenze diverse da quelle che ci servono quando interagiamo con un computer. Dobbiamo partire dal presupposto che l’essere umano ha sempre disegnato, quindi è prima di tutto innaturale smettere di farlo.
Buona parte delle persone usano il pensiero visivo, ovvero la capacità di analizzare e memorizzare velocemente attraverso la vista. Il disegno, più della scrittura, supporta questo tipo di pensiero che permette intuizioni e creatività più veloci, ma richiede un approccio non sequenziale, quindi ci costringe a ribaltare tutto ciò che abbiamo imparato, ovvero che un pensiero segue l’altro, una causa provoca un effetto, un minuto segue l’altro… Quando usiamo il pensiero visivo, e il disegno, creiamo associando, collegando, immaginando in un modo molto diverso rispetto a quando scriviamo.
Disegnare al lavoro aiuta a comunicare meglio, a sviluppare idee, ad analizzare processi, a essere più creativi, a visualizzare concetti ed emozioni. Per questo a partire dai corsi di Disegno Brutto, ho sviluppato dei workshop di Visual Thinking per aziende e professionisti.
“La Via del Disegno Brutto” è un libro che non nasce dal nulla, ma proprio come per il disegno, è frutto di un percorso più lungo che inizia con i tuoi Corsi di Disegno Brutto.
Il libro è una sorta di risultato naturale e spontaneo dell’esperienza dei corsi di Disegno Brutto, iniziati quasi per caso due anni fa, a Ravenna, che ho poi portato in giro per mezza Italia, con più di 70 appuntamenti a cui hanno partecipato oltre 1000 persone.
Il corso è nato dal mio interesse verso la divulgazione: sono autodidatta e mi piace ricondividere ciò che imparo.
Non ero contento dei miei risultati come illustratore e quindi ho cercato dei modi per evolvermi e trovare nuove strade. A forza di sperimentare e di studiare ho iniziato a pensare che ciò che stavo imparando sarebbe stato interessante da divulgare. Quando poi mi sono reso conto che la maggior parte delle persone non disegna e che non esisteva un corso per rieducarle al disegno, ho deciso che quel corso lo avrei creato io e lo avrei chiamato “Corso di Disegno Brutto”.
Cosa bisogna lasciarsi alle spalle per poter leggere (e disegnare) il tuo libro?
Sicuramente molte delle cose che abbiamo imparato sul disegno.
Una delle più importanti è che un disegno non va giudicato, ma fatto. Soltanto non giudicandolo e riscoprendo il piacere del tracciare linee, possiamo comprendere la potenza di questa nostra attitudine ancestrale.
Dal quel punto in poi, bisogna essere in grado di lasciarsi andare e di sapersi mettere in gioco. E disegnare.
Tornare a disegnare sembra apparentemente un processo semplice, ma in realtà nasconde molte barriere anche a livello psicologico. Quali sono gli ostacoli autoimposti con i quali potremmo dover avere a che fare?
Nel corso ho identificato quattro Tiranni, ovvero dei condizionamenti, tra i tanti, che, secondo me, non fanno disegnare. Nel libro se ne trovano, per ragioni pratiche, soltanto due. Non li svelerò, ma la cosa importante è sapere che di disegno non ne sappiamo quasi niente, quindi siamo davvero pronti per reimpararne l’utilità.
Non sapere è, alle volte, una grande fortuna.
Disegnando torniamo ad osservare la realtà con più consapevolezza. Che ruolo ha l’immaginazione in tutto questo?
Fondamentale. Dicono che viviamo nella società dell’immagine, siamo immersi in un mondo visivo, ma non siamo in grado di leggere e comprendere le immagini. Meno che mai di costruircele da soli.
Ecco, l’immaginazione è la facoltà che abbiamo di creare immagini. È un super potere che usiamo troppo poco.
Il disegno è un buon modo per allenarlo!
Se disegnare è pensare, scoprire e abbandonarsi a sé stessi, forse il corso di Disegno Brutto e il tuo libro sono strumenti per conoscere meglio ciò che ci circonda ma soprattutto noi stessi.
Hai colto perfettamente l’idea del libro e del corso. Non è un caso che abbia voluto che il libro si intitolasse “La via del Disegno Brutto”: è un percorso che attraverso il disegno ti permette di esplorare e riscoprire te stesso. Dopotutto disegnare è principalmente un fatto intimo, personale, interiore. Nel libro dico: “Non disegna chi è bravo a farlo, ma chi sa stare solo con se stesso, perché il disegnare è composto da attimi di beata solitudine”. Disegnare seguendo la via del Disegno Brutto è un modo per riconsiderare il mondo che ci circonda: quando lo facciamo è inevitabile pensare che ci si stia offrendo un’occasione per conoscere meglio noi stessi.
Il mio obiettivo è che le persone che leggeranno e faranno gli esercizi del libro possano davvero sentirsi in cammino e che il mio insinuare dubbi, ribaltare certezze, chiedere fiducia e leggerezza, possa aprir loro degli spiragli su un nuovo modo di vedere e di pensare.
Disegnando si possono davvero compiere delle rivoluzioni!
Alessandro Bonaccorsi è un visual Designer, illustratore, graphic recorder e autore. Crede in un mondo non-competitivo, nella condivisione delle idee e nella cultura visiva come potente veicolo di benessere per la società.